La Lega molla sulla Sardegna. Ma insiste sul terzo mandato per i governatori e cerca di scippare la Basilicata a Forza Italia. Nel partito guidato da Matteo Salvini abbondano i delusi e i musi lunghi. La rinuncia, infatti, arriva dopo settimane di muro contro muro. Uno scontro senza quartiere, che sembrava addirittura mettere a repentaglio la compattezza della stessa coalizione di centrodestra. Eppure è finita come prevedibile. “Non poteva saltare tutto per la Sardegna, ma potevamo lasciare prima, così abbiamo dato un segnale di debolezza”, obietta un senatore della Lega parlando con Il Riformista.

L’incombenza dell’annuncio del passo indietro spetta a Andrea Crippa, il vicesegretario di Via Bellerio. Proprio l’uomo che aveva contribuito di più ad alzare la tensione con gli alleati di Fratelli d’Italia. “Oggi si dovrebbe definire la questione del candidato in Sardegna”, esordisce Crippa parlando con i cronisti a Montecitorio. Poi la rivelazione di ciò che era già scritto, nonostante le bizze della Lega: “Non è chiusa ma credo che alla fine, vista anche l’insistenza di FdI, il candidato sarà Truzzu”. Poi Crippa apre l’altro fronte, quello che porta in Basilicata: “La Lega in Sardegna ha fatto uno sforzo perché il centrodestra andasse unito ed è uno sforzo per noi importante, perché continuiamo a credere che la squadra di Solinas abbia governato bene. Ora un altro partito dovrebbe fare lo stesso sforzo: se vale la regola che contano le percentuali dei partiti in questo momento la Lega è chiaramente in credito”.

Regionali, persa la Sardegna la Lega ora vuole la Basilicata

Il vice di Salvini aggiunge: “Capisco e comprendo la posizione di FdI quando sostiene che in Sicilia il candidato presidente anziché di FdI è stato di Forza Italia”. Insomma, a pagare pegno dovrà essere il partito azzurro guidato dal vicepremier Antonio Tajani, la forza politica più debole della coalizione. Paolo Barelli, capogruppo di Fi a Montecitorio, vicinissimo a Tajani, chiude la porta quando in Transatlantico gli chiedono di un ipotetico passo indietro del governatore lucano Vito Bardi: “Decidono Meloni, Tajani e Salvini ma vi posso dire che non esiste. Bardi fa solo passi avanti, si tratta di essere realisti. La cosa non è proprio in discussione. Lo ha detto anche Tajani. Crippa dice che già qualcuno si è sacrificato? Appunto non servono altri sacrifici”. Laconica la ministra Maria Elisabetta Alberti Casellati, coordinatrice regionale di Forza Italia in Basilicata: “Andrà bene, come con la riforma del premierato”.

“Sulla Sardegna stiamo trovando la quadra, così come lo faremo sulla Basilicata e su tutti gli altri appuntamenti importanti”, dice in mattinata il deputato azzurro Alessandro Cattaneo, responsabile dei dipartimenti del partito fondato da Silvio Berlusconi. Eppure la Lega schiuma di rabbia dopo la figuraccia rimediata con l’insistenza sul governatore sardo uscente Christian Solinas e pretende la candidatura dell’ex senatore Pasquale Pepe in Basilicata. Intanto Paolo Truzzu, di FdI, ha già cominciato la campagna elettorale nell’Isola. Una rinuncia, quella della Lega, che è stata accelerata dall’inchiesta per corruzione ai danni di Solinas. “Le tempistiche sicuramente non aiutano un processo democratico, detto questo è fondamentale che tutta la magistratura faccia i dovuti approfondimenti”, dice a Un Giorno da Pecora su Rai Radio1 il governatore leghista del Friuli Venezia Giulia Massimiliano Fedriga. Fedriga stoppa la sua corsa alla segreteria della Lega e dà voce alle perplessità di alcuni settori del Carroccio sulla candidatura del generale Roberto Vannacci alle prossime elezioni europee: “Non ho nessuna preclusione, dobbiamo fare un ragionamento con persone che possano portare visibilità alla Lega ma anche seguire una linea politica coerente che abbiamo tenuto in questi anni”. Sulla Sardegna incalza il deputato di Italia Viva Davide Faraone: “La Sardegna accelera il tramonto della Lega”.

La Lega e il terzo mandato per Zaia

Fedriga apre poi un altro fronte ancora, che è sia interno sia relativo alla dialettica con Fratelli d’Italia. Ed è quello del terzo mandato per i governatori. “Non sono solo favorevole. Ad oggi, Costituzione vigente, il presidente del Consiglio, che non ha l’elezione diretta dei cittadini, ma è deciso da un nucleo ristretto che saranno bravissimi e illuminati, i parlamentari, in teoria, sulla carta, può essere eletto a vita, mentre dove c’è l’elezione diretta, ovvero tutta la base elettorale del Paese o di una Regione o di un Comune nel caso del sindaco può decidere: no, tu hai al massimo due mandati. È alquanto particolare”, risponde il presidente del Friuli Venezia Giulia sulla proposta leghista dei tre mandati, ma conteggiati dal 2012. Infatti Luca Zaia sarebbe al quarto se si candidasse di nuovo. Per questo si tratta di una proposta che mira a blindare Zaia in Veneto. L’insistenza di Salvini sul tema ha un significato duplice. Prima di tutto mira a stoppare le mire di Giorgia Meloni sul Veneto, dove la premier vorrebbe candidare nel 2025 il suo fedelissimo Luca De Carlo, senatore di FdI.

Terzo mandato, la ragione di Salvini…

Ma c’è anche una dinamica tutta interna al Carroccio. Salvini punta a tenere Zaia lontano dalla politica nazionale per altri cinque anni. La paura del segretario è che dopo le europee, con una Lega sotto il 10%, possa partire il percorso di logoramento della sua leadership. E Zaia, al momento, sembra l’unica alternativa credibile al salvinismo. Un potenziale leader capace di garantire i ceti produttivi del Nord e di svincolare il partito dall’abbraccio del sovranismo e del nazionalismo. Una prima divaricazione tra le posizioni di Salvini e del governatore si è vista con il voto in Veneto sulla legge del fine vita. Zaia si era detto a favore di una legislazione sul tema, ma in Consiglio regionale non è riuscito a prevalere nei numeri, seppure di poco. “È ipocrita non volere una norma, il suicidio assistito c’è già”, ha detto il presidente. Salvini la pensa diversamente: “Bene il no sulla legge sul fine vita in Veneto”. L’impressione è che il dualismo sarà destinato a durare, nonostante il terzo mandato.