Non stiamo diventando dei carcero-centrici”. È questo che ha sottolineato il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, durante le comunicazioni sulle linee programmatiche del Dicastero in Commissione al Senato. E ha annunciato importanti novità per le carceri. I fondi per le carceri previsti nella manovra “sono stati strappati con le unghie e con i denti in una situazione che, dal punto di vista economico-finanziario, è estremamente delicata”. Ha anche parlato di intercettazioni, riforma della giustizia e errori giudiziari.

Per il ministro le ex caserme dismesse potrebbero essere una soluzione alternativa alla costruzione di nuovi penitenziari. “Sappiamo che le carceri non sono sufficienti e non lo saranno per i prossimi dieci anni a tenere detenuti tutti quelli che vengono condannati. Vi sono in Italia decine di caserme che sono state dismesse. Le caserme per definzione hanno una struttura che è abbastanza simile e compatibile con quelle delle carceri, hanno il muro di cinta e le baracche interne. Costruire carceri nuove in Italia è molto difficile per il noto principio ‘Not in my backyard’ (‘Non nel mio cortile’, ndr.), l’Italia non è la California dove puoi costruire un carcere in sei mesi con dei moduli prefabbricati in mezzo al deserto. Qui ci vogliono dieci anni per fare un carcere se va bene, se poi le fai a Venezia o Roma trovi un coccio etrusco o veneziano e gli anni diventano venti”.

“Queste ristrutturazioni delle caserme che avrebbero costi molto minori – aggiunge Nordio – potrebbero essere una soluzione alternativa per quelle figure di reati e di rei di non eccessivo allarme sociale e penso anche a quelli che sono in transito in carcere, con la carcerazione preventiva. Le ‘porte girevoli’ è un’espressione vecchia di 40 anni, non è nata con i magistrati che fanno politica ma indica le persone che entrano in carcere oggi con l’obbligatorietà dell’arresto in flagranza ed escono domani perchè la liberazione è obbligatoria. Anche questa è una delle contraddizioni del sistema. Ecco mettere insieme carcerazione preventiva con l’espiazione del reato anche questa è una cosa che va rimodulata. Su questo mi piacerebbe fare un confronto con le tre gambe della giurdisdizione: con gli avvocati, con i magistrati e con chi fa le leggi, opposizione compresa”.

Dopo la terribile strage nelle carceri, con l’ondata di suicidi senza precedenti, il ministro si è espresso anche su misure alternative per i detenuti con maggiore fragilità, in particolare i tossicodipendenti. “Abbiamo trovato anche all’interno del Governo una fortissima sensibilità verso le misure alternative al carcere quantomeno per i tossicodipendenti. Io ho visitato per prima cosa tre carceri in Italia: Poggioreale, Regina Coeli e San Vittore. C’è una mia sensibilità sul tema. Allora il 40% dei detenuti è più o meno legato alla tossicodipendenza“.

“Il tossicodipendente – spiega – è sicuramente una persona pericolosa perchè ha bisogno di una cifra giornaliera che non è in grado di assicurarsi con nessuna attività lecita, ma se noi riuscissimo a trovare un sistema che coniugasse l’aspetto afflittivo ed espiatorio. Non è detto che ci debba essere necessariamente solo il carcerare soprattutto per i reati che non sono di particolare allarme sociale. Ci cono delle comunità dove la sicurezza è garantita al massimo. Io ho visitato a suo tempo San Patrignano. Ci sono queste stutture e poi altre che sono una via di mezzo, ad esempio le carserme dismesse”.

Il ministro si è scagliato anche contro le intercettazioni. “La porcheria” sulle intercettazioni “è continuata anche dopo la legge Orlando, basta vedere l’inchiesta sul sistema Palamara, cosa è uscito su cose che non avevano a che fare sulle indagini e, aggiungo, cosa non è uscito”.  “Sono state selezionate, pilotate, diffuse secondo gli interessi di chi le diffondeva – ha attaccato – e non sono state ancora tutte rese pubbliche o ascoltate dai difensori o individuate nelle forma di perizia. Almeno fino a ieri, perché quel processo sta andando a rilento”. “Il ministro Orlando – ha poi aggiunto Nordio – stava già andando nella direzione giusta, poi si è fermato, non ha raggiunto lo scopo come si è visto con le intercettazioni di Palamara”.

Per decenni tutti hanno pubblicato tutto anche le cose più ingiuste, strane, offensive. Serve prendere atto che non si può più continuare con la delegittimazione dei cittadini fatta attraverso le intercettazioni divulgate e sezionate che danno un’interpretazione ingannevole e la violazione del segreto istruttorio”, continuano le riflessioni del ministro della Giustizia, Carlo Nordio, in Commissione al Senato sul dossier intercettazioni. Ne ha parlato come una delle priorità del suo ministero per i prossimi anni, ma ha precisato che “non si può nemmeno impedire ai giornalisti di scrivere quanto sta accadendo in un tribunale perché altrimenti certi scandali emergerebbero dopo 20 anni. È un problema politico, è un problema vero, l’ho sentito anche come editorialista”.

Sul tema della inappellabilità delle sentenze di assoluzione ha detto: “Sono convintissimo che si dovrebbe riformare completamente questa disciplina” “e ritornare alla legge Pecorella, che è stata dichiarata incostituzionale dalla Corte. Naturalmente una legge in questo senso va rimodulata per evitare una nuova pronunzia però sono intervenuti dei fatti nuovi, ad esempio il principio che una persona non può essere condannata se non al di là di ogni ragionevole dubbio”. “La domanda è come si può condannare una persona quando un giudice precedente ha dubitato?”, secondo il Guardasigilli “la perversione, nel senso di deviazione peggiore, è che assistiamo al paradosso che una sentenza può essere riformata in pejus con un procedimento puramente cartaceo di brevissima durata che può modificare a espedire all’ergastolo una persona che era stata assolta. Tutto questo è irrazionale”, salvo che “intervengano nuovo prove o che il processo vada rifatto”. E sugli errori giudiziari ha annunciato che “è stato aumentato il fondo di 7 mln per gli assolti. Non è un granchè, ma rappresenta un segnale di attenzione dello Stato verso chi ha subito ingiustamente un processo”.

“Ho detto e ripetuto in tutte le maniere possibile, e l’ho detto anche all’Anm, che l’emergenza riguarda l’impatto che la giustizia può avere sull’economia. Ho detto che la lentezza della giustizia civile ci costa 2 punti di Pil”. Mentre per questioni divisive come la separazione delle carriere – sulle quali “non faccio un passo indietro” – “sarà lunga” perché richiedono una revisione costituzionale. “Non si dica che ho cambiato idea”, ha poi precisato. Il ministro ha puntato il dito contro la lentezza dei processi annunciando che “ci saranno ispezioni rigorosissime, vorremo che i vari ispettori andassero nei vari uffici a vedere perchè, a parità di risorse, alcune cose funzionano e altre no”. E ha annunciato che la “priorità” dell’azione del suo ministero sarà “la riforma del processo civile”.

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