Per tutti i rimpianti, il tempo perso, le giornate buttate, il talento sprecato, le bestemmie di chi ci teneva e spronava e insisteva ma lui niente, a prendere e lasciare il pugilato per anni; per tutto questo rammarico e tutti i rimpianti c’è stata una sera, la serata giusta, a mettere un poco i conti di Carlo De Novellis a posto. A 41 anni, erede di una tradizione e di una famiglia sempre sul ring e sempre nello sport, “Carlito” è diventato campione italiano dei pesi medi: ha superato ai punti al Palazzetto Città di Vicenza Andrea Roncon, dieci riprese esuberanti fin dal primo round. Sfuggente, sempre a incrociare, a rientrare, a dare ritmo e colpire: così De Novellis ha fatto sua la sua ultima occasione.

All’angolo il preparatore Valerio Esposito e il maestro Gerardo Esposito oltre al padre di “Carlito”, Guido De Novellis, decano del pugilato partenopeo, dal 1988 alla palestra che porta il nome di famiglia e che oggi è al Rione Traiano, Soccavo. Tutti insieme hanno riportato la cintura dei Pesi Medi in Campania, a Napoli. E alla De Novellis dove è cresciuto l’olimpionico Valentino Manfredonia, dove si allena Miriam Tomasone e altri giovani prospetti; dove Carlo si occupa del settore amatoriale e il padre di quello agonistico. Un altro traguardo per una famiglia votata allo sport: lo zio Gennaro è stato il primo napoletano ciclista professionista; la zia Anna judoka di livello mondiale; il nonno Carlo combatteva durante la guerra per i militari.

“I russi, in prigionia, davano il pane a chi vinceva”, racconta il figlio Guido. Crudeltà che non ha tolto spazio alla malìa per i guantoni, le sedici corde, il ring, lo sparring. È diventata una questione di famiglia, il pugilato. Il nipote che porta il suo nome, il campione De Novellis, a giorni di distanza, ancora deve finire di rispondere a tutti i messaggi che ha ricevuto. Ha la faccia ancora segnata, la possibilità di una difesa almeno del titolo, la consapevolezza di esser riuscito – dopo anni a latitare, otto fuori dalla boxe, il ritorno e un altro titolo italiano sfiorato – in un’impresa sportiva con un avversario di dieci anni più giovane. All’ultimo ballo si è preso la vittoria più bella.

Cosa rappresenta questa cintura?

È il risultato di tanti sacrifici. Siamo riusciti dopo tanti anni a portare il tricolore al Rione Traiano e a Napoli. A Vicenza c’erano almeno una settantina di napoletani. Hanno lasciato le proprie cose, la famiglia e tutto, perciò dedico anche a loro questo successo.

Qual è stata la chiave della vittoria?

Ho preparato bene il match. Roncon aveva rilasciato un’intervista una quarantina di giorni prima e aveva detto che avrebbe puntato sulla mia tenuta fisica, sulla mia età, sulla resistenza insomma. Si aspettavano, considerando il mio match precedente, una boxe statica. E invece le sue parole mi hanno spronato a lavorare ancora di più. Grazie al mio preparatore Valerio Esposito, a Luca Esposito, al maestro Gerardo Esposito, a mio padre Guido De Novellis ci siamo preparati molto sulla tecnica, che a me non manca. Non è stato facile, non ho più il fisico di un ragazzino. A inizio ottobre ero 92 chili, sono sceso circa venti chili. Ho mangiato solo pesce e verdura.

Questo successo risveglia qualche rimpianto sulla sua carriera?

Ovvio che ci sono rimpianti. Non ho mai dedicato al pugilato il 100% altrimenti ora non staremmo parlando del tricolore ma magari di una cintura ancora più prestigiosa. Ma meglio tardi che mai. Oggi penso di difendere questo titolo un’altra volta ma per arrivare a una cintura più prestigiosa dovrebbe passare tempo, e io questo tempo non ce l’ho. Questo è il rammarico più grande. Questi sacrifici li avrei dovuti fare prima. Purtroppo la vita non è come il film Il curioso caso di Benjamin Button, in cui il protagonista nasceva vecchio e moriva giovane. Se avessi avuto questa maturità a vent’anni a quest’ora avremmo parlato d’altro.

Che match è stato?

Sapevo di aver vinto. Quando sei fuori casa però non puoi mai avere la certezza. A livello professionistico, bisogna dare il massimo, non basta vincere ma anche convincere. L’arbitro gli ha permesso un po’ di tutto: testate, gomitate, anche evidenti, che non sono state richiamate. Questa ferita (all’arcata sopraccigliare, ndr) è per una testata. Ci sono stati anche commenti scandalosi, assurdi. Il padre del mio avversario mi ha scritto in privato. “Titolo rubato”. Non esiste, il verdetto è stato palese, tanti maestri mi hanno scritto complimentandosi per il match.

Cosa hai provato quando hanno annunciato il vincitore?

Quando ho sentito il mio nome è stata un’emozione immensa. Più che per me ho gioito per mio padre, che l’aspettava da anni questa vittoria, e per tutti quelli che sono venuti e che mi seguono.

Come ha cominciato con il pugilato?

Il mio primo ricordo è mio padre che mi porta nella palestra del suo maestro Geppino Silvestri, al centro di Napoli, alla storica Fulgor. Un’emozione bellissima. Con mio padre, maestro di pugilato e campione italiano dilettanti, ho sempre avuto la boxe in casa. Aveva seguito per anni il suo maestro e allenato campioni come Patrizio Oliva (Oro olimpico e Campione del Mondo, ndr). Da piccolo però mi piaceva il calcio. Ho avuto alti e bassi con il pugilato: a 16 anni ho iniziato a farlo più seriamente e infatti a 17 anni divenni campione italiano novizi B. Ho frequentato la Nazionale a livello Junior, ho fatto un paio di tornei internazionali e poi ho abbandonato di nuovo. Sono tornato e sono diventato campione italiano dilettanti. Poi sono passato professionista e ho vinto la Coppa Italia contro Matteo Signani (attuale Campione Europeo dei pesi medi, ndr). Con lui dopo ho perso il titolo italiano. Da lì ho avuto uno stop di otto anni.

Per la delusione?

In quello stop c’era sicuramente la delusione per la sconfitta ma all’epoca non ero costante. Non avevo la testa, non mi allenavo come adesso. Qualche amicizia sbagliata anche. Perciò consiglio sempre di frequentare persone che fanno sport, e di fare sempre sport.

Cosa rappresenta la palestra per questo quartiere?

È un punto di ritrovo, di incontro, dove i ragazzi possono integrarsi. Qui soprattutto si tratta di disciplina. Il pugilato è uno sport pulito, con delle regole. Riusciamo ad avvicinare i ragazzi anche perché non prendiamo soldi da chi non se lo può permettere. Già solo per il fattore economico si avvicinano di più. Sappiamo che ci sono dei problemi al Rione ma non bisogna sempre e solo giudicare il quartiere, fare di tutta un’erba un fascio. Noi della De Novellis abbiamo una bella nomea ma succede che quando qualcuno sente dove siamo, qualcuno del Vomero per esempio, ha difficoltà a venire qua. Poi però quando vengono si rendono conto che il pregiudizio è totalmente sbagliato, cambiano radicalmente idea. Se questa palestra fosse stata a Corso Europa o a via Piave sarebbe andata cinquanta volte di più.

Fate delle attività anche per chi è affetto da disabilità.

Certo. Proprio ieri è venuta una persona del quartiere che ha accompagnato la figlia per farle fare un po’ di attività sportiva. Mi ha detto che non aveva la possibilità, non ci sono problemi. Con i maestri poi si vede quello che si può fare. Siamo un’unica famiglia con chi viene qua. Lo sport serve ad aiutare e a stare uniti.

Quindi è deciso a difendere almeno una volta il titolo?

Sì. Questa è l’intenzione. Il desiderio è quello di farlo a Napoli. Sono sempre stato abituato ad andare fuori casa ma spero di portare un incontro per la cintura, un titolo, qui a Napoli. Sarebbe una grandissima occasione.

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Giornalista professionista. Ha frequentato studiato e si è laureato in lingue. Ha frequentato la Scuola di Giornalismo di Napoli del Suor Orsola Benincasa. Ha collaborato con l’agenzia di stampa AdnKronos. Ha scritto di sport, cultura, spettacoli.