Una donna di 26 anni è stata trucidata e tagliata in 15 pezzi, congelata per qualche tempo in un freezer comprato su Amazon dopo il delitto, scaricata in quattro sacchi di plastica in una scarpata lungo la statale e ritrovata oltre due mesi dopo la scomparsa. Un’atrocità inaudita che però passa quasi in secondo piano perché sui media e sui social a colpire è un altro dettaglio: Carol Maltesi, giovane italo-olandese, da qualche anno faceva foto e video hard, era una “pornostar“, una “attrice hard”. Era quasi colpevole per il suo “nuovo stile di vita“, per le immagini che pubblicava sui profili di Charlotte Angie.

Ad ucciderla Davide Fontana, 43 anni, un professionista perché “bancario”, “food blogger” (solo perché aveva aperto un sito), “fotografo”. Insomma una persona distinta, colta da un “raptus” improvviso. A 48 ore di distanza dal fermo, arrivato dopo la confessione, disposto dal pm della procura di Brescia Lorena Ghibaudo e confermato dal gip, va in scena la versione stereotipata della donna, quasi a giustificare, o quanto meno, a provare a comprendere una brutalità raccapricciante.

Succede questo in Italia dove tra giornali e social (dove il comico Pietro Diomede vomita battute perché “in passato ha sofferto e quindi non si pone limiti”), si continua a raschiare il fondo, anche dopo l’orrore andato in scena tra Rescaldina (Milano) e Borno (Brescia).  Perché scrivere “pornostar”, “attrice hard”, “prostituta” rende tutto molto più pulp, fa gossip, attira di più l’attenzione dei lettori. Ragionamenti che oggi vanno per la maggiore nelle redazioni e nessuno, compreso noi, è senza peccato.

“Valuteremo eventuali azioni legali, trovo inconcepibile che davanti alla morte di una ragazza di 26 anni, ci sia chi si permette di dire certe cose, di fare battute indecenti” commenta all’agenzia Ansa l’avvocato Manuela Scalia, legale della mamma di Carol. “La cattiveria delle persone la stiamo percependo in questi giorni – ha proseguito Scalia – E’ assurdo che invece di concentrarsi sul fatto che una ragazza giovane sia stata trucidata da un mostro, ci si concentri sulle sue scelte professionali“.

Un racconto truculento quello di Fontana, una persona instabile, malata, accecata dalla gelosia ma anche da una lucida follia che l’ha portato a occultare un cadavere per oltre due mesi, provando prima a bruciarlo, poi a cancellare l’inchiostro degli almeno 11 tatuaggi che Carol aveva. Dalla scomparsa di Carol (10 gennaio) al ritrovamento del cadavere (20 marzo), Falcone continuava a rispondere ai messaggi che arrivavano sul telefono e sui social della povera 26enne, madre di un bimbo di sei. Con la madre di Carol continuava a chattare spacciandosi per la figlia. “Sono a Dubai” scriveva aggiungendo poi che non poteva rispondere alle telefonate. Discorso analogo anche per l’ex compagno che aveva in affidamento il figlio.

Ma Davide Fontana resta il “bancario, fotografo, food blogger” mentre Carol (e Charlotte) viene uccisa una seconda volta dai luoghi comuni. “Voglio ricordare mia figlia come la conoscevo io, di quello che dicono gli altri non mi interessa” fa sapere la madre di Carol attraverso l’avvocato Manuela Scalia che aggiunge: “Aveva una famiglia che la amava, anche se mamma e papà erano separati, le volevano bene, la chiamavano principessa” ha proseguito l’avvocato Scalia.

 

Redazione

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