Il caso
Caso Almasri, i capi delle milizie Reda: “In Italia giriamo in totale libertà”. Piantedosi: “Rilasciato per ragioni di sicurezza”. Attesa per l’informativa del governo

La vicenda dell’arresto e della rapida liberazione di Njeem Osama Elmasry detto Almasri, capo delle prigioni di Tripoli, mentre si trovava a Torino dove si era recato per vedere l’incontro di calcio Juventus-Milan, è l’emblema dell’importanza e della delicatezza delle relazioni tra Italia e Libia. Sono tanti i dossier scottanti che riguardano i due paesi: dall’immigrazione agli investimenti di Eni nel settore energetico locale fino alla storica presenza italiana in quel paese che rischia di essere messa in pericolo da queste crisi.
Tolleranza italiana
È evidente il doppiopesismo però dei partiti di opposizione che trattavano con le milizie libiche quando erano al governo allo stesso modo con cui lo fa il governo di Giorgia Meloni, ma che ora usa questa situazione per attaccare l’esecutivo. Secondo quanto spiegano i capi delle milizie Reda a “il Riformista”, il problema vero è che “a Tripoli come a Bengasi i miliziani, compresi coloro i quali sono ricercati dalla Corte penale internazionale per violazioni dei diritti umani, credono di poter circolare liberamente in Italia proprio in virtù della particolare vicinanza e amicizia di rapporti tra i nostri due paesi”.
I crimini di Almasri
È stato questo il caso di Njeem Osama Elmasry per il quale la Corte penale internazionale ha confermato di aver emesso un mandato di arresto il 18 gennaio. L’ufficiale libico, arrestato in Italia e poi riportato in Libia, è accusato dalla Cpi di aver commesso crimini contro l’umanità e crimini di guerra, tra cui omicidio, tortura, stupro e violenza sessuale, presumibilmente commessi in Libia a partire da febbraio 2015. La Cpi ha spiegato che i crimini ascritti nel mandato di arresto sono stati commessi da Najim personalmente, o su suo ordine, o con l’assistenza di membri delle Forze speciali di deterrenza (Rada, potente milizia di Tripoli), e “i crimini hanno avuto luogo nella prigione di Mitiga, contro persone incarcerate per motivi religiosi, come essere cristiani o atei, o per la loro presunta opposizione all’ideologia religiosa delle Forze speciali di deterrenza, o per il loro sospetto comportamento immorale e omosessualità, o per il loro presunto sostegno o appartenenza ad altri gruppi armati, o a scopo di coercizione, o una combinazione di questi”, secondo quanto pubblicato dalla corte. La sua immediata scarcerazione e il rimpatrio a Mitiga su un volo italiano è stata salutata come una prova di forza dai suoi uomini.
Il chiarimento
Il Pd di Elly Schlein ha chiesto a Giorgia Meloni di riferire in Aula, mentre Avs con un sit-in davanti al parlamento ha colto l’occasione per chiedere le dimissioni del ministro della Giustizia, Carlo Nordio. Il governo ha chiarito, i contorni della vicenda con un intervento in Aula del ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, secondo cui il comandante libico Osama al Najem, conosciuto come Almasri, “è stato rilasciato” nella serata del 21 gennaio “per poi essere rimpatriato a Tripoli, per urgenti ragioni di sicurezza, vista la pericolosità del soggetto”, ha dichiarato durante un’interrogazione sulle comunicazioni ed i provvedimenti di competenza del ministero dell’interno. “Il 21 gennaio, la Corte d’Appello di Roma, nell’ambito delle prerogative di vaglio dei provvedimenti di limitazione della libertà personale, ha dichiarato il non luogo a provvedere sull’arresto del cittadino libico, valutato come irrituale in quanto non previsto dalla legge, disponendone l’immediata scarcerazione se non detenuto per altra causa”, ha aggiunto Piantedosi.
Gli approfondimenti
La prossima settimana il governo renderà un’informativa sul caso del comandante libico. “Sarà quella l’occasione utile per approfondire e riferire su tutti i passaggi della vicenda, ivi compresa la tempistica riguardante la richiesta, l’emissione e l’esecuzione del mandato di cattura internazionale, che è poi maturata al momento della presenza in Italia del cittadino libico”. L’Italia, con i governi di ogni schieramento, si sente ricattata dalla minaccia dell’immigrazione proveniente dalla Libia e dalla Tunisia. Eppure ci sono altri paesi del Nord Africa, come il Marocco, che sono un modello nel difendere l’Europa da questa minaccia. Rabat ha annunciato di aver sventato 78.685 tentativi di emigrazione irregolare nel 2024.
La pressione migratoria
Il Marocco continua a fronteggiare una pressione migratoria costante e crescente in un contesto regionale instabile in Africa e soggetto a molteplici minacce. I dati diffusi dal suo ministero dell’Interno evidenziano che il 58% dei migranti stranieri irregolari proviene dai paesi dell’Africa occidentale, il 12% dai paesi del Maghreb e il 9% dai paesi dell’Africa orientale e centrale. Nel campo del salvataggio, 18.645 migranti sono stati tratti in salvo in mare e hanno ricevuto cure, tra cui assistenza, supporto medico, alloggio e orientamento, in conformità con la gestione umanitaria delle frontiere. Inoltre, circa 6.135 migranti irregolari hanno potuto fare ritorno volontariamente nei loro paesi di origine.
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