La Corte d’Appello di Palermo ha rigettato la richiesta di Bruno Contrada di avere un risarcimento per i molti anni trascorsi ingiustamente in carcere. Non sappiamo bene perché l’abbia rigettata. In pratica però la decisione si fonda su due idee forti.

La prima è che l’indipendenza dei giudici consente ai giudici di contravvenire alle sentenze della Cedu, che pure hanno il valore di sentenze di una corte di giustizia superiore e dunque devono semplicemente essere eseguite. Questa sentenza invece fa strame della legalità. Avete presente quella tiritera che si ripete ogni volta che un imputato viene condannato (“le sentenze non si giudicano ma si eseguono”)? La Corte di Appello di Palermo ha deciso di assumere un atteggiamento del tutto contrario: le sentenze si ignorano. perché qui comandiamo noi.

La seconda idea forte che sta dietro la sentenza è che se un imputato viene considerato innocente, e se ha scontato ingiustamente molti anni di carcere, ha diritto a un risarcimento solo se i suoi accusatori sono convinti che sia innocente. Se invece mantengono il sospetto che sia colpevole, niente risarcimento perché la giustizia non può mai essere un fatto oggettivo ma deve adattarsi alle situazioni. e soprattutto non deve scalfire la dignità e il potere degli accusatori o dei giudici.

La Corte d’Appello di Palermo – come ha spiegato in una sua dichiarazione l’avvocato Stefano Giordano – con questa sentenza ha violato le regole. Non aveva nessun diritto di decidere “se” risarcire, ma solo quanto quando e come. Ora Contrada spera di ottenere giustizia dalla Cassazione. Noi speriamo che la ottenga. Perché se invece prevalesse l’ottusità e l’arroganza della parte più arretrata e antiliberale della magistratura, sarebbe un segnale pessimo. Nessuna persona ragionevole può pensare che non sia giusto risarcire una persona che ha trascorso molti anni in prigione per via di un processo che la Corte Europea ha dichiarato illegittimo.

Contrada, che è stato uno dei massimi esponenti dei servizi segreti italiani, e che ha combattuto molte battaglie contro la mafia, è stato imprigionato per otto anni e – sempre secondo la Corte Europea – sottoposto a trattamenti inumani e degradanti. E ora è nuovamente vittima dell’arroganza illegale.

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Giornalista professionista dal 1979, ha lavorato per quasi 30 anni all'Unità di cui è stato vicedirettore e poi condirettore. Direttore di Liberazione dal 2004 al 2009, poi di Calabria Ora dal 2010 al 2013, nel 2016 passa a Il Dubbio per poi approdare alla direzione de Il Riformista tornato in edicola il 29 ottobre 2019.