I carabinieri “insabbiarono” fin da subito le indagini sulla morte di Stefano Cucchi? La risposta, ad undici anni dai fatti, arriverà questa mattina dalla testimonianza dell’appuntato Gianluca Colicchio in programma al Tribunale di Roma nell’ambito del processo “Cucchi ter”. Colicchio è il teste chiave sugli eventuali depistaggi messi in atto dai vertici della scala gerarchica dell’Arma allora in servizio nella Capitale, nessuno dei quali, seppur imputato, mai sospeso cautelarmente dal Comando generale. Anzi, in questi anni tutti hanno fatto carriera, ricoprendo attualmente posti di grande prestigio. Colicchio era di piantone alla caserma di Roma Tor Sapienza quando Cucchi vi venne portato, la sera del 15 settembre del 2009, dopo essere stato arrestato dai colleghi della stazione Roma Appia con l’accusa di spaccio di stupefacenti. L’appuntato si accorse subito che qualcosa non tornava nello stato di salute del geometra romano e decise di chiamare l’ambulanza, redigendo poi una relazione di servizio sull’accaduto.

Tale relazione, su ordine del colonnello Alessandro Casarsa, comandante del Gruppo di Roma, sarebbe quindi stata modificata, omettendo le effettive condizioni di salute di Cucchi. Ad aiutare Casarsa ci sarebbe stato il suo più stretto collaboratore, il colonnello Francesco Cavallo, ed il maggiore Luciano Soligo, comandante della compagnia Roma Monte Sacro. Il motivo? «Procurare l’impunità dei carabinieri della stazione Appia» responsabili di avere cagionato a Cucchi le lesioni che il successivo 22 settembre ne determinarono il decesso. E, probabilmente, anche evitare un altro danno d’immagine all’Arma dal momento che poche ore dopo la morte di Cucchi venivano arrestati i carabinieri autori del ricatto al presidente della Regione Lazio, Pietro Marrazzo. Colicchio, però, si rifiutò di firmare la relazione “corretta”. Sul banco degli imputati ci sono anche il colonnello Lorenzo Sabatino, ex comandante del Reparto operativo dei carabinieri di Roma, ed il capitano Tiziano Testarmata, comandante della quarta sezione del dipendente Nucleo investigativo.

Entrambi incaricati dal pm romano Giovanni Musarò di svolgere accertamenti su quanto accaduto, sarebbero stati a conoscenza che le annotazioni di servizio, quella appunto di Colicchio e quella del carabiniere Francesco Di Sano, che gli aveva dato il cambio come piantone alla stazione di Roma Tor Sapienza, erano false. Sabatino, in particolare, dopo l’acquisizione degli atti si sarebbe limitato ad elencare la documentazione prelevata presso i vari comandi, «omettendo di denunciare la sussistenza del reato e omettendo di evidenziare che esistevano due versioni per ciascuna annotazione e che una delle due era falsa». Tale aspetto è stato oggetto di un duro scontro in aula durante una delle ultime udienze.

Il Colonnello Lorenzo D’Aloia, comandante del Nucleo investigativo, aveva ricostruito cosa avvenne quando la Procura delegò gli stessi carabinieri, e non la Polizia che aveva svolto le indagini sul decesso di Cucchi, ad effettuare gli approfondimenti del caso. I militari avrebbero tradito la fiducia dei pm nascondendo una serie di responsabilità: documenti sfuggiti, sbianchettamenti sospetti, un’annotazione di servizio che dava conto della sparizione della relazione di servizio sulla vicenda Cucchi mai entrata a far parte nell’elenco degli atti trasmessi all’attenzione della magistratura. La modalità con cui erano stati acquisiti i documenti lasciò poi “perplesso” D’Aloia, benché decisa dal suo superiore diretto, il colonnello Sabatino. Invece di acquisire gli atti, venne chiesto ai comandi di “consegnarli”. All’ultima udienza Musarò si è irrigidito: «Siamo stanchi di questi inquinamenti probatori che vanno avanti da 11 anni».

Testarmata, per confutare quanto affermato da D’Aloia, aveva prodotto poco prima dei documenti che descrivevano modalità analoghe di acquisizione atti. Documenti che Testarmata non avrebbe potuto avere, secondo il pm. Normale esercizio di difesa, aveva ricordato l’avvocato del capitano, mettendo anche in luce i differenti profili di carriera degli ufficiali implicati in questa vicenda e le conseguenze ai fini della carriera.