Genova e la Liguria si fermano. Il caso-Toti produce i suoi effetti. I cantieri sono sospesi, gli appalti paralizzati, le ditte in impasse. La diga foranea per prima, poi il porto. La Gronda. I sottopassi, il Terzo valico ferroviario, la galleria sotto il lungomare: tutto – o quasi – in standby fino a nuovo ordine. Quello della magistratura. Chi festeggia? Il fronte del No: i partiti, i comitati, le associazioni ideologicamente contrarie a sviluppo e lavoro. L’allarme arriva dal viceministro alle infrastrutture e trasporti, Edoardo Rixi, ma è condiviso da centinaia di aziende, enti locali e naturalmente dai sindacati che vedono, a loro volta, a rischio l’impatto dello stop su decine di migliaia di lavoratori.

Anche il ministro Matteo Salvini ieri ha provato a rassicurare: “Come ministro dò la parola d’onore che farà di tutto per non bloccare i cantieri’. Al di là delle buone intenzioni e le parole d’onore, sulla Liguria incombono i sigilli, le verifi che della magistratura e dell’Anac. Un clima gelato dal venticello del sospetto che ingenera diffidenza. Perché è inutile nasconderlo, ci sono due ordini di problemi: quello delle opere sottoposte a nuova autorizzazione necessariamente in pending, perdurando lo stallo amministrativo, e quello derivante da un effetto alone, la paura della firma. Il fatidico “colpirne uno per educarne cento” sortisce, anche involontariamente, l’effetto di mettere in fuga i decisori degli iter autorizzativi dei progetti, inclusi quelli giunti nelle fasi avanzate – gli step progressivi – delle opere già cantierizzate.

Il contratto di programma del Terzo valico è autorizzato, i 7,5 miliardi provengono dal Pnrr e da Ferrovie dello Stato sono ottimisti: da noi contattati, assicurano: “Per noi si va avanti”. Almeno fino alla prossima conferenza di servizi, quando la Regione dovrà dare il suo parere. Chi porta avanti il suo cantiere lo fa ormai come sacca di resistenza. A essere messa nel mirino del fronte del No è soprattutto la diga foranea. Sulla quale adesso Anac vuole rivedere tutti i documenti. “L’assegnazione del contratto per la diga è tra l’altro avvenuta in base a una normativa ad hoc varata dal Parlamento, in linea con le norme comunitarie, a seguito di una gara aperta a tutti. E il consorzio PerGenova Breakwater ha vinto dopo una competizione serrata, con l’offerta migliore e il prezzo più basso”, ha precisato ieri l’Ad di Webuld, Pietro Salini. “Mi auguro ci sia una consapevolezza da parte di tutti che la diga non serve a un armatore o un altro, serve all’Italia”, ha detto il viceministro dei Trasporti Edoardo Rixi a margine di un convegno a Genova.

Ieri è stato varato il primo cassone a Vado Ligure, il 24 maggio è prevista la posa a Genova: “Si sta valutando in queste ore l’opportunità o meno di tenere l’evento” ha detto Rixi. “Sono contento che finora si stia mantenendo un cronoprogramma su un’opera difficile che è un’opera nazionale ed europea. È evidente che la situazione attuale sia più critica rispetto a prima – ha aggiunto -. Bisogna evitare soprattutto che si inizino i lavori di demolizione della vecchia diga senza avere la certezza della conclusione dei lavori, altrimenti rischiamo di paralizzare il porto per vari anni. Tutti i cantieri hanno influenze sugli altri cantieri”, la riflessione del viceministro. Un effetto-domino della paralisi è nelle cose. Anche perché l’assenza dell’authority portuale pesa. “Il problema è che con l’arresto del presidente della Regione l’intesa non sappiamo a chi chiederla. Abbiamo un’impasse dal punto di vista formale su come procedere”.

Attualmente l’authority è guidata dal commissario Paolo Piacenza, indagato per abuso d’ufficio, al vertice della struttura da quando Paolo Emilio Signorini (accusato di corruzione e in custodia cautelare in carcere) è stato nominato amministratore delegato di Iren. “Bisognerà capire cosa vuole fare l’attuale commissario, anche per motivi processuali – ha aggiunto Rixi – Sicuramente stiamo valutando le decisioni da prendere in queste settimane. È altrettanto evidente che dobbiamo garantire l’operatività del porto. Sono tutti temi interni all’Autorità portuale, il ministero ha una funzione di vigilanza non sul singolo atto ma in maniera molto più alta. In alcuni processi non siamo entrati. La nostra paura è che la situazione di tensione che si crea anche solo a leggere le intercettazioni crei situazioni di rigidità”, ha concluso il viceministro.

Anche l’economista dei trasporti Enrico Musso, dell’Università di Genova, è allarmato: “La città dopo decenni di immobilismo ha avviato un percorso di rinascita, a partire dalla ricostruzione del viadotto, basato sulla qualità dei progetti e sulla visione complessiva delle opere in particolare nel settore trasportistico e portuale”. Le opere – prosegue l’economista, che potrebbe figurare nella rosa dei candidati del centrodestra per succedere a Toti – sono tante: “Terzo valico, gronda autostradale, tunnel subportuale, diga, raddoppio della metropolitana, elettrificazione di tutto il trasporto pubblico. La strategia complessiva non si deve arrestare per vicende che (in ogni caso) riguardano singole persone, e non la validità dei singoli progetti e della visione complessiva”, dice Musso al Riformista. L’allarme è condiviso anche dai sindacati, e dalla Cisl in particolare. “Il ruolo della Regione e dell’Autorità di sistema portuale sono fondamentali per quanto riguarda il lavoro e l’occupazione. Ci sono fortissimi timori per le conseguenze che potrebbero abbattersi sul nostro settore economico senza contare la partita che riguarda i fondi del PNRR e delle infrastrutture che devono essere terminate e realizzate nella nostra regione. In questo momento sindacati e imprese sono chiamati ad un grande senso di responsabilità proprio come dopo il crollo del ponte Morandi”, spiega Luca Maestripieri, segretario generale Cisl Liguria.

“Si rischia di condannare la regione e il suo capoluogo a una paralisi che risulterebbe letale”, denuncia Raffaella Paita, coordinatrice di Italia Viva. “Io non ci sto a vedere morire la Liguria. Lancerò un’iniziativa per dire sì alle opere realizzate onestamente e con trasparenza. Inviterò le associazioni di categoria, il mondo dell’impresa e tutti coloro che vorranno partecipare e reagire”. Sempre che non sia troppo tardi. Perché se le inchieste impiegano poche ore per bloccare tutto, la politica arranca da anni nella ricerca delle soluzioni. L’abolizione del reato di abuso d’ufficio e il riordino della fattispecie del traffico di influenze marciano a passo d’uomo. Lo scorso 13 febbraio il Senato ha approvato in prima lettura il Disegno di Legge recante “Modifiche al Codice Penale, al Codice di Procedura Penale, all’ordinamento giudiziario e al Codice dell’Ordinamento Militare” (c.d. DDL Nordio). Ma il testo è passato alla Camera dei Deputati per la seconda lettura e non è ancora stato posto in votazione.

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Ph.D. in Dottrine politiche, ha iniziato a scrivere per il Riformista nel 2003. Scrive di attualità e politica con interviste e inchieste.