E' la vittoria dei dodici sostituti “ribelli”
Caso Triassi, il Csm fa dietrofront e la trasferisce a Potenza
Alla fine hanno vinto i 12 sostituti che, in un esposto, avevano denunciato la «gestione verticistica» della Procura di Nola. Stesso discorso per i quasi 200 magistrati di tutta Italia e per la guardasigilli Marta Cartabia che si erano espressi per il suo trasferimento d’ufficio. Di chi stiamo parlando? Di Laura Triassi, la procuratrice di Nola. Anzi, l’ex procuratrice, visto che il Csm l’ha appena “spedita” a Potenza dove eserciterà le funzioni di sostituto procuratore generale. Ecco la decisione adottata dalla sezione disciplinare di Palazzo dei Marescialli dopo l’udienza del 16 settembre scorso.
Secondo il Csm, Triassi non può restare a Nola perché la sua presenza, alla luce della faida scatenatasi qualche mese fa, pregiudicherebbe «la funzionalità dell’ufficio». Una decisione con la quale l’organo di autogoverno dei magistrati smentisce se stesso: a fine luglio il Plenum aveva bocciato la proposta di trasferimento d’ufficio della procuratrice di Nola, in attesa che fosse definito il procedimento disciplinare a suo carico. A soli due mesi di distanza, dunque, la sezione disciplinare adotta per Triassi il provvedimento che il Plenum aveva sospeso. Non si tratta, però, dell’unico “salto logico” del caso che agita la magistratura.
La sezione disciplinare, infatti, ha aderito alla tesi dei 12 sostituti “ribelli” secondo i quali i toni usati da Triassi e dall’aggiunta Stefania Castaldi (trasferitasi a Santa Maria Capua Vetere all’inizio ad agosto scorso) avrebbero generato «un profondo disagio e un penoso malessere» all’interno dell’ufficio. Perciò i 12 sostituti avevano registrato circa 16 ore di conversazioni con Triassi. Da quelle stesse registrazioni, però, erano paradossalmente emerse molte smentite alle accuse contro la procuratrice. Da Luisa D’Innella, unico sostituto procuratore di Nola a non aver firmato l’esposto contro Triassi, aveva sostanzialmente chiarito come i suoi rapporti con la titolare dell’ufficio fossero tutt’altro che tesi.
Poi era stato anche un ufficiale della polizia giudiziaria a smontare la ricostruzione di un altro episodio contestato a Triassi: quest’ultima avrebbe apostrofato in malo modo un sostituto imputandogli di aver prodotto un atto d’indagine «schifoso», mentre il militare aveva chiarito come tra i due ci fosse stato solo un confronto sull’esatta qualificazione giuridica di un omicidio. Altre smentite erano arrivate da ufficiali della Guardia di finanza e anche da Anna Maria Lucchetta, magistrato che aveva preceduto Triassi alla guida della Procura di Nola. Tutto inutile: la sezione disciplinare ha ritenuto fondate le contestazioni mosse all’ormai neo-sostituto procuratore generale di Potenza che adesso, tramite l’avvocato Domenico Mariani, si appresta a impugnare la decisione davanti alla Cassazione.
Per il momento, dunque, l’esperienza di Laura Triassi a Nola sembra concludersi così com’era cominciata, cioè con una guerra a colpi di carte bollate. La sua nomina era arrivata dopo un lungo braccio di ferro giudiziario con i colleghi Francesco Curcio, Raffaello Falcone e Anna Maria Lucchetta. Il suo nome era finito poi nelle chat dell’ex pm Luca Palamara che, insieme con i consiglieri Nicola Clivio e Valerio Fracassi, aveva sostenuto addirittura la necessità di un intervento del presidente Sergio Mattarella per bloccare la nomina di Triassi a Nola. Infine è stata la volta della faida con i sostituti che ha finora prodotto un doppio risultato: decapitare la Procura vesuviana e assestare un altro duro colpo a quel poco che resta della credibilità della magistratura nostrana.
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