Laura Triassi e la guerra in Procura
Pm, carabinieri, dipendenti e Cartabia contro la procuratrice di Nola: prosegue il braccio di ferro
All’orizzonte c’è un vero e proprio braccio di ferro. Da una parte la ministra della Giustizia, Marta Cartabia, che nei giorni scorsi ha chiesto il trasferimento d’ufficio in via cautelare di Laura Triassi; dall’alta, la stessa procuratrice di Nola, finita al centro di un procedimento disciplinare dopo che 12 dei suoi 13 sostituti hanno firmato un esposto per denunciare la «gestione verticistica» dell’ufficio giudiziario vesuviano.
Assistita dall’avvocato Domenico Mariani, Triassi è pronta a opporsi alla richiesta firmata dalla guardasigilli chiedendone addirittura la declaratoria di improcedibilità. La tesi è chiara: l’iniziativa di Cartabia rientra nelle competenze della Procura generale della Cassazione, organo che esercita l’azione disciplinare e conduce le indagini; ma se la stessa Procura generale della Cassazione non ha ritenuto di disporre il trasferimento in via cautelare, vuol dire che mancano la gravità degli indizi a carico della procuratrice di Nola e l’urgenza di un suo allontanamento. Anzi, stando a quanto emerso nelle ultime ore, le indagini finora espletate dalla Procura generale della Cassazione avrebbero almeno in parte smentito le tesi sostenute dai pm e dai dipendenti amministrativi nei loro esposti indirizzati alla Procura generale della Corte d’appello di Napoli ad aprile scorso.
In quei documenti si faceva riferimento, oltre che alla «gestione verticistica» della Procura di Nola, ai «toni aggressivi» usati da Triassi: circostanze che avrebbero generato nei sostituto procuratori «profondo disagio e penoso malessere». Questa ricostruzione sarebbe almeno in parte messa in crisi dalle verifiche condotte dalla Procura generale della Cassazione e raccolte in sette cd depositati nelle scorse ore. «Innanzitutto – spiega l’avvocato Mariani – l’organo titolare del procedimento disciplinare ha acquisito le registrazioni delle conversazioni tra i sostituti e Triassi. E dalle indagini espletate emerge, da un lato, come i sostituti procuratori abbiano accusato gli stessi problemi anche con chi ha preceduto Triassi al vertice della Procura di Nola, e, dall’altro, come i provvedimenti adottati dalla stessa Triassi fossero finalizzati solo ed esclusivamente a una corretta gestione dell’ufficio».
In più, sempre secondo quanto trapelato nelle ultime ore, le indagini svolte dalla Procura generale della Cassazione smentirebbero anche un altro dettaglio della vicenda, cioè quello per il quale il 13esimo sostituto procuratore di Nola non avrebbe firmato l’esposto contro Triassi pur dichiarandosi pronto a confermare la tesi accusatoria sostenuta dai colleghi. Al contrario, è emerso che quel pm non solo non ha mai avuto problemi con la procuratrice, ma che è stato anche l’unico a chiedere e ottenere il trasferimento presso un’altra sede, a differenza dei colleghi firmatari dell’esposto. Sviluppi sono attesi per le prossime settimane, quando il caso tornerà davanti alla sezione disciplinare del Csm. Nel frattempo, la vicenda resta oggetto anche una di una procedura di trasferimento per incompatibilità ambientale che il Plenum del Csm ha sospeso a fine luglio, proprio in attesa degli esiti del procedimento disciplinare.
Insomma, la permanenza di Triassi alla guida della Procura di Nola è tormentata come gli esordi. La pm, infatti, era arrivata al vertice dell’ufficio giudiziario vesuviano dopo che il Consiglio di Stato aveva accolto i suoi ricorsi contro le nomine di Francesco Curcio, Raffaello Falcone e Anna Maria Lucchetta alla guida rispettivamente delle Procure di Potenza, Napoli e Nola. Il nome di Triassi era comparso anche nelle chat di Luca Palamara: dai messaggi tra l’ex magistrato e “re delle nomine” e due consiglieri del Csm in quota Area, Nicola Clivio e Valerio Fracassi, risultava come la nomina di Triassi, in quel momento aggiunto a Potenza, alla guida della Procura di Nola non fosse gradita a una parte della magistratura
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