Il plenum si esprimerà domani. Nel frattempo, però, la procedura di trasferimento per incompatibilità della procuratrice di Nola, Laura Triassi, getta l’ennesima ombra sulla magistratura. L’iter è stato avviato il 14 giugno scorso dalla Prima Commissione del Csm sulla base dell’esposto che 12 dei 13 sostituti in servizio presso la Procura di Nola avevano indirizzato al procuratore generale di Napoli, Luigi Riello, esattamente due mesi prima. In tutto questo tempo, di una vicenda tanto delicata si è saputo poco o nulla e cioè che i comportamenti di Triassi e dell’aggiunta Stefania Castaldi sarebbero stati causa «di un profondo disagio e penoso malessere» per l’intero ufficio dove i sostituti avrebbero conseguentemente firmato «molteplici richieste di trasferimento ad altra sede».

Non solo: Triassi e Castaldi si sarebbero rese protagoniste di «innumerevoli e preoccupanti» episodi, addirittura tali da «compromettere la dignità della funzione giurisdizionale» esercitata dai sostituti. Insomma, quelle mosse dai colleghi all’indirizzo di Triassi e Castaldi sono accuse piuttosto pesanti. Tanto più se si pensa che la procuratrice, balzata per la prima volta agli onori delle cronache all’epoca di Tangentopoli, quando esercitava le funzioni di gip presso il Tribunale di Napoli, è solo da un anno alla guida della Procura di Nola. Eppure, nonostante siano trascorsi più di tre mesi dall’invio dell’esposto al procuratore generale Riello e la notizia-bomba della richiesta di trasferimento della Triassi sia già deflagrata, ancora non è dato capire i termini esatti della vicenda.

Che cosa induce quasi tutti i sostituti a parlare addirittura di «penoso malessere»? In che cosa consistono esattamente i «preoccupanti episodi» denunciati? In che cosa è stata lesa «la dignità della funzione giurisdizionale»? E in quante e quali circostanze tutto ciò sarebbe avvenuto? Interrogativi che meritano una risposta e la meritano al più presto, se non si vogliono alimentare dietrologie sul lavoro dell’intera Procura di Nola e della magistratura nel suo complesso. Qualcuno ha idea delle sensazioni che un cittadino, magari messo sotto inchiesta dai pm di Nola in quest’ultimo anno, è indotto a provare in questo preciso momento? Qualcuno ha idea di quali timori e sospetti sia capace di alimentare una vicenda tanto grave quanto torbida?

Fino a questo momento, invece, la comunicazione da parte dei rappresentanti delle toghe è stata alquanto lacunosa, per non dire nulla. Il che restituisce, per l’ennesima volta, la fotografia di una magistratura ambigua, sempre pronta ad arroccarsi sulle proprie posizioni e tetragona rispetto a qualsiasi forma di dialogo trasparente. Come se le dinamiche interne all’ordine non si riflettessero sulla percezione che i cittadini hanno del lavoro svolto nelle aule di giustizia. Ecco perché sarebbe il caso che i vertici locali o nazionali dell’Anm prendessero posizione sulla vicenda, che tutti i magistrati coinvolti chiarissero le rispettive posizioni e che il Csm adottasse una decisione ponderata e trasparente, in modo tale da tradurre certe espressioni criptiche in linguaggio comprensibile. Tutto ciò è indispensabile per evitare che la magistratura e il lavoro svolto da pm e giudici non sia ulteriormente appannato, dopo le vicende denunciate da Alessandro Sallusti e Luca Palamara nel loro libro-intervista e i casi di cronaca in cui diverse toghe sono state coinvolte: in gioco c’è la credibilità non solo di un ordine dello Stato, ma la tenuta di quella fragile impalcatura sulla quale si regge la nostra comunità con le sue libertà e i suoi diritti fondamentali.

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Classe 1987, giornalista professionista, ha cominciato a collaborare con diverse testate giornalistiche quando ancora era iscritto alla facoltà di Giurisprudenza dell'università Federico II di Napoli dove si è successivamente laureato. Per undici anni corrispondente del Mattino dalla penisola sorrentina, ha lavorato anche come addetto stampa e social media manager prima di cominciare, nel 2019, la sua esperienza al Riformista.