Mettere la polvere sotto il tappeto in politica è la premessa evidente di una crisi più profonda che di lì a poco emergerà in tutta la sua imponenza. Per l’Europa intesa nella sua attuale configurazione politica, il segnale della sveglia è suonato alle ultime elezioni per il rinnovo del parlamento europeo. Dove le destre hanno ottenuto una nettissima e insindacabile vittoria congiunta, dal Partito Popolare ai Patrioti, passando per i conservatori, il trionfo è stato totale e sintomatico di un malessere diffuso in Europa e non compreso da quelle forze politiche cosiddette progressiste che si sono illuse di interpretare la società europea, e non hanno compreso quegli elementi critici che hanno determinato la scelta di virare a destra degli elettori.

Ma attenzione a pensare che gli europei abbiano votato di “pancia” come si spiega a volte con troppa facilità il voto non attribuito alle forze di sinistra. Sette milioni di voti sono quelli che in cinque anni hanno spostato l’equilibrio e modificato la geografia politica del vecchio continente. Tutti i governi ne sono stati travolti, eccetto quello italiano, non casualmente un governo di centro-destra, o come spesso non mancano mai di rammentare gli attenti osservatori di sinistra, quello più a destra della storia repubblicana. Francia e Germania da quel voto sono state pesantemente terremotate, con un impatto che ha assunto epiloghi – ancora de definire – diversi in base alle peculiarità dei loro sistemi istituzionali. In Germania il governo a guida socialdemocratica è sull’orlo del precipizio, con un paese a serio rischio di fallimento per l’esito di quelle politiche progressiste e verdi che l’Unione europea a trazione sinistra ha imposto a tappe forzate negli ultimi cinque anni.

La peculiarità del sistema elettorale francese ha impedito alla destra del Front National e alla destra gollista anti macroniana di conquistare il governo e costringere Macron alla coabitazione. Una vittoria quella di Macron, nel secondo turno delle legislative, che si è dimostrata di corto respiro, proprio perché eretta su deboli fondamenta. La volontà popolare non può essere ignorata, perché prima o poi gli schemi saltano, così come i governi di compromesso che si reggono sull’appoggio o sulla non sfiducia di quelle forze a cui è stato impedito con la tattica di salire al governo.
Germania e Francia si trovano nella fase discendente della loro parabola di questo ciclo storico e politico, così come l’Italia si trova nella sua fase positiva, in quanto il governo Meloni garantisce una stabilità che spinge i mercati ad avere fiducia, rispetto al caos franco-tedesco. Una situazione totalmente capovolta rispetto agli anni passati.

Ma quello che accade in Francia e Germania non può che essere un monito alla politica europea, affinché comprenda e mitighi se non addirittura, cancelli alcune politiche scellerate che minacciano la stabilità economica e sociale dei paesi dell’Unione. Preoccupazioni da cui l’Italia al netto della stabilità non è esente: non solo perché le politiche europee si riflettono sul nostro paese, ma anche e soprattutto perché la stabilità e i mercati non bastano da soli a modificare la percezione generale. Ed anche nel nostro paese come evidenzia l’ultimo rapporto del CENSIS la nostra è una società “ turbata”, con un ceto medio sempre più preoccupato dall’instabilità generale e dal senso di crisi profonda che impedisce un cambiamento e un rinnovato ottimismo. Troppe le criticità, troppe le incognite, al netto di poche tutele.

La classe media è costituita da categorie sociali estranee alla logos politico-sindacale. Lo stesso crollo dei redditi scesi del 7% al netto dell’aumento dell’inflazione non può che generare perplessità in chi ogni giorno lotta per sopravvivere. Ed è chiaro che difficilmente essi riescano ad intendere la narrazione della sinistra e le battaglie della sinistra. Non è un caso che il governo italiano, di destra, così come la destra americana ad esempio o quella francese e tedesca, siano proiettate sulle battaglie sociali, sulle fragilità di una società in cui non c’è più posto per le categorie del ‘900 in cui la sinistra è rinchiusa e asserragliata. Come i sindacati scesi in piazza ci hanno ampiamente dimostrato.

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Nato nel 1994, esattamente il 7 ottobre giorno della Battaglia di Lepanto, Calabrese. Allievo non frequentante - per ragioni anagrafiche - di Ansaldo e Longanesi, amo la politica e mi piace raccontarla. Conservatore per vocazione. Direttore di Nazione Futura dal settembre 2022. Fumatore per virtù - non per vizio - di sigari, ho solo un mito John Wayne.