Albin Kurti è il Che Guevara dei Balcani. Basta questo per capire la sua personalità; ma di certo non basta per capire come un attivista politico come lui sia riuscito, nel giro di qualche anno, a diventare primo ministro e ad avere più del 50% dei consensi (dati del 2022). Una popolarità come la sua si vede raramente, soprattutto nei Balcani, soprattutto a livello personale, non solo politico.
Per capire il suo percorso politico, bisogna conoscere il suo percorso personale e le sue posizioni sia sul tema dell’indipendenza kosovara (e della sua sovranità), sia le posizioni cambiate nel tempo (come quello dell’unificazione tra Kosovo e Albania, ad esempio).
Kurti è e rimane un sostenitore dell’autodeterminazione del suo popolo. È conosciuto principalmente per le sue proteste “creative”, e per il suo battersi in prima persona per le battaglie che contano.
Partiamo dall’inizio: Albin Kurti è nato a Pristina nel 1975. Si è laureato nel 2003 in Ingegneria delle telecomunicazioni e informatica presso la Facoltà di ingegneria dell’Università di Pristina. Ha sia la cittadinanza kosovara che quella albanese.

Albin Kurti è salito alla ribalta nell’ottobre 1997, come uno dei leader delle proteste studentesche in Kosovo. Gli studenti albanesi protestavano contro l’occupazione del campus dell’Università di Pristina da parte della polizia jugoslava. L’occupazione era iniziata nel 1991 e aveva portato il personale accademico e gli studenti di etnia albanese a dover utilizzare luoghi alternativi per le loro lezioni, poiché la legge serba vietava loro di utilizzare i locali dell’università per via dell’uso della lingua albanese. Le proteste furono represse con violenza, ma gli studenti e Kurti non interruppero la resistenza e organizzarono altre proteste nei mesi successivi. Nel luglio 1998, Kurti collaborò come assistente del rappresentante politico Adem Demaçi, vicino al gruppo UÇK. Queste azioni lo resero un bersaglio della polizia jugoslava, perché l’UÇK, l’Esercito di liberazione del Kosovo (ELK), è stata un’organizzazione paramilitare kosovaro-albanese e ha oggi una reputazione molto controversa (per il sospetto di coinvolgimento di alcune sue unità in crimini di guerra).

Nell’aprile 1999, durante i bombardamenti della NATO sulla Jugoslavia, Kurti è stato arrestato e duramente picchiato dalle forze jugoslave. In un primo momento è stato inviato alla prigione di Dubrava ma, con il ritiro dell’esercito serbo dal Kosovo, il 10 giugno 1999 è stato trasferito in una prigione di Požarevac. Più tardi, nello stesso anno, è stato accusato di “mettere a repentaglio l’integrità territoriale della Jugoslavia e di cospirare per commettere un’attività nemica legata al terrorismo” ed è stato condannato a 15 anni di carcere.
Molteplici testimonianze di albanesi in prigione con lui raccontano di come fosse coraggioso, e di come lo abbiano torturato quasi a morte per farlo parlare, ma di come non si sia mai piegato. Anche questo lo ha reso così popolare; la sua resilienza e la sua calma sono i suoi tratti caratteristici.
Nel 2000, le manifestazioni a sostegno del rilascio di Albin Kurti dalla prigione di Niš, in Serbia, erano estese. Anche Amnesty International ha rilasciato diverse dichiarazioni a suo sostegno; e anche il Parlamento europeo ha contribuito ad aumentare la pressione per il rilascio.

Fu liberato nel dicembre 2001 dal governo post-Milošević dietro spinta delle pressioni internazionali. Dalla sua liberazione, restò fuori della politica, ma fu un critico severo della Missione di Amministrazione ad interim delle Nazioni Unite in Kosovo (UNMIK) e della corruzione imperante nel paese. Organizzò proteste non violente a sostegno delle famiglie i cui parenti scomparvero durante la guerra e in favore dell’autodeterminazione politica del Kosovo. Fu attivista per la Action for Kosovo Network (AKN), costituita nel 1997, movimento che si dedica a diritti umani, giustizia sociale, istruzione, cultura e arte.
Albin Kurti è anche il leader del movimento Lëvizja Vetëvendosje! (ossia Movimento per l’Autodeterminazione! in albanese, noto come VV o LVV) fondato nel 2005; ha sede a Pristina. È un partito di ideologia radicale, che si oppone alle ingerenze straniere negli affari interni del Kosovo e propone il diretto esercizio della sovranità del popolo come elemento di autodeterminazione.

Si è presentato alle elezioni parlamentari per la prima volta il 12 dicembre 2010, raccogliendo 88.652 voti, pari al 12,69% dei suffragi, divenendo con 14 seggi su 120 la terza forza politica del paese alle spalle del Partito Democratico del Kosovo e della Lega Democratica del Kosovo. Quattro anni più tardi, alle elezioni politiche dell’8 giugno 2014 il partito, guidato da Albin Kurti, ha visto aumentare i propri consensi raccogliendo 99.397 voti, pari al 13,59%, che gli hanno garantito la permanenza in parlamento come forza d’opposizione con 16 seggi. La prima volta che è diventato primo ministro, le elezioni del 6 ottobre 2019, il suo partito prese il 26,27%. La svolta arriva nel 21 febbraio 2021, quando il partito di Kurti vince le elezioni col 50,28% dei voti.

 

Questo risultato esprime un collegamento molto forte tra il partito e i cittadini e il forte supporto della popolazione alla persona di Kurti, in forte contrasto con il vecchio sistema politico (e la corruzione che aveva come corollario).
Ad oggi il governo di Kurti ha lavorato tantissimo sullo stato di diritto; di conseguenza, la corruzione, problema cruciale per il paese, è diminuita (secondo la relazione annuale della Commissione europea). Anche l’altra priorità del governo, quella di aumentare l’occupazione, è in piena fase di sviluppo.
Pur essendo primo ministro, Kurti mantiene ancora il suo spirito da attivista; il suo motto, “law and justice”, caratterizza il suo mandato e il suo programma.
Nel dialogo con la Serbia, Kurti ha sempre tenuto una posizione molto dura, comprensibilmente: per “normalizzare” i rapporti fra i due paesi, prima la Serbia deve riconoscere il Kosovo, poi si discuterà del resto. Kurti insiste molto anche sull’ottenere informazioni dalla Serbia sui più di 1.000 kosovari-albanesi scomparsi. Ma la Serbia su questo continua a negare di avere informazioni.

Questo articolo nasce da un mio recente viaggio in Kosovo in cui ho avuto l’onore di incontrare il primo ministro Kurti e di poter confermare l’idea che mi ero fatta di questo politico kosovaro.
Il primo ministro Albin Kurti è già parte della storia del Kosovo; del passato, del presente ed anche del futuro. Tramite le sue lotte per un Kosovo migliore, più giusto, e democratico, è riuscito ad arrivare al governo dove sta attuando alcune riforme che il paese aspettava da tanto. Sta cercando di trasformare il Kosovo per riuscire a prepararlo per l’ingresso nell’Unione europea. La liberalizzazione dei visti, prevista per il 1 gennaio 2024, è una grande conquista. Un altro passo importante, la domanda di adesione al Consiglio di Europa, è a metà strada; se compiuto porta avanti il Kosovo come paese riconoscendo i progress fatti negli ambiti della democrazia, dello stato di diritto, e della visione politica complessiva. L’Unione europea deve decidere se intende premiare questi cambiamenti positivi, oppure se continuare a preferire di dare corda a un autocrate, Aleksandar Vucic, Presidente della Serbia, che va contro i valori europei, con le parole e con le sue azioni.
Albin Kurti ha avuto un passato difficile. Ma ha visione e energia da riuscire a trasformare le sue difficoltà (anche personali) in punti di forza. Da attivista a primo ministro è figura stimata, riconosciuta e sostenuta nel paese. Avremmo bisogno di più politici del genere, nei Balcani, ma anche in Europa.

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Nata a Trento, laureata in Scienze Politiche all’Universitá di Innsbruck, ho due master in Studi Europei (Freie Universität Berlin e College of Europe Natolin) con una specializzazione in Storia europea e una tesi di laurea sui crimini di guerra ed elaborazione del passato in Germania e in Bosnia ed Erzegovina. Sono appassionata dei Balcani e della Bosnia ed Erzegovina in particolare, dove ho vissuto sei mesi e anche imparato il bosniaco.