Era accusato di aver preso parte all’aggressione contro alcuni neonazisti nel febbraio del 2023, in occasione delle manifestazioni del ‘Giorno dell’Onore’. Ma per Gabriele Marchesi, 23 anni, originario di Milano, il destino ha riservato un percorso più facile di quello di Ilaria Salis. A differenza dell’insegnante 39enne, infatti, il giovane aveva fatto rientro in Italia poco prima che venisse raggiunto dal mandato di arresto Europeo e oggi, 129 giorni dopo, è tornato in libertà. “Siamo sicuri che posso andare via, o me ne devo stare ancora a casa?”, ha detto in aula tra incredibilità ed emozione, limitandosi ad un “sono contento” al momento dell’uscita.

La decisione della Corte d’Appello

Revocati infatti anche gli arresti domiciliari, con il ‘no’ della Corte d’Appello di Milano alla richiesta di estradizione, ritenuto dovuto rispetto alla differente proporzionalità tra fatto commesso e pena, ai trattamenti “degradanti” che l’Ungheria gli avrebbe riservato e alla possibile condanna che avrebbe incontrato a Budapest che avrebbe comportato “seri pregiudizi alla sua vita”. Lo stesso sostituto procuratore generale Cuno Tarfusser ha affermato la «sproporzionalità» della pena prevista (nel Paese di Orban avrebbe rischiato fino a 24 anni di carcere per un’aggressione che ha portato a pochi giorni di prognosi e che in Italia rientrerebbe nella rubrica della lesioni lievissime), e con il rischio di una “carcerazione preventiva” – per il giovane attivo nei movimenti antagonisti milanesi – di tre anni.

La posizione della Procura e il rischio di caso diplomatico

“È un dovere continuo e inderogabile verificare il rispetto dei diritti fondamentali. Questa è una garanzia per tutti noi, è una garanzia per il sistema democratico”, ha ricordato il legale di Marchesi, Mauro Straini – questo verdetto riconosce la fondatezza delle considerazioni della difesa basate su plurime fonti che hanno consentito di ritenere fondato il rischio di un trattamento inumano”. Chiara anche la posizione della Procura generale di Milano, rappresentata da Cuno Tarfusser, che commenta anche il pericolo di una ricaduta diplomatica: “L’Ungheria si è allontanata dallo spirito che ha animato lo sviluppo europeo. Noi in Italia non possiamo insegnare ad altri Paesi come trattare i detenuti, ma la pena non era proporzionata rispetto al fatto contestato. Non so se questa decisione crei un caso diplomatico, faccio il magistrato, non esistono casi uguali ed è nella natura delle cose”.

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