Il ringraziamento del neo presidente del Senato
Chi era Antonino La Russa, il papà missino che accettò un figlio nella Democrazia Cristiana
Un po’ Viceré, un po’ Gattopardo. La Saga familiare dei La Russa (o dei Paternesi) affonda le sue radici nella Sicilia della prima Guerra Mondiale, dove il capostipite nacque nel 1913, in quel di Paternò, comune di 44mila abitanti in provincia di Catania. E fu sempre lì che ‘Gnazio o La Rissa – come lo chiamavano durante gli anni d’oro da responsabile del Fronte della Gioventù – ha mosso (letteralmente) i primi passi.
Il neo eletto presidente del Senato deve senza dubbio gran parte della sua fortuna al padre Antonino, detto Nino, avvocato e dirigente d’azienda nonché ex segretario politico del Partito Nazionale Fascista. Strenuo sostenitore dell’Italia del Duce, partito volontario per il fronte nordafricano durante la seconda guerra mondiale, La Russa senior aderì al Movimento Sociale Italiano a Paternò, divenendone commissario provinciale nel 1958. Anni dopo, fu senatore della Repubblica per il Movimento Sociale Italiano, nonché membro al Senato della Commissione industria; dal 1979 al 1980 fu vicepresidente del Gruppo parlamentare.
Una vita a metà tra politica e affari, che si intrecciò inesorabilmente con quella del compaesano Salvatore Ligresti e con il finanziere Michelangelo Virgillito, entrambe figure chiave nella corsa al potere dei “Paternesi”. Anni di militanza nel partito e devozione alla causa, che portarono i La Russa dalla Sicilia a Milano, dove approdarono negli anni ’60 e dove il neo presidente del Senato frequentò le scuole e poi il collegio svizzero, così come il fratello Romano e la sorella Emilia. E proprio nel giorno del suo insediamento come capo di Palazzo Madama, il figlio non poteva non ricordare il padre.
L’ha fatto nel suo primo discorso ufficiale, durato poco più di una mezz’ora, dove tra un ringraziamento al Papa e uno a Liliana Segre, ha dichiarato: “Sono stato sempre un uomo di parte, di partito più che di parte, ma in questo ruolo non lo sarò. E’ una lezione che ho appreso in tanti anni, tra gioia e dolori; anni di militanza, di affermazioni, di difficoltà, cercando sempre di cogliere dagli eventi ogni utile occasione di crescita, anche di messa in discussione delle proprie posizioni. Non rimanere abbarbicato a idee immutabili, ma svilupparle senza tradirle è stato l’impegno non solo mio, ma della mia parte politica in maniera larga. Un insegnamento -consentitemelo- che a livello personale ho appreso da mio padre, che è stato senatore di questa Repubblica, e a livello politico ho ricevuto da più persone, ma in particolare da un uomo che ha insegnato a me e non solo a me il valore del dialogo e dell’armonia. Non a caso veniva chiamato ‘ministro dell’armonia’, il non dimenticato onorevole Pinuccio Tatarella“.
Poi ha promesso di essere il presidente di tutti, perché – a detta sua – la libertà Ignazio Benito Maria La Russa, l’ha respirata in casa fin da piccolo (no, non quella dove sono custoditi i busti di Mussolini o foto del colonialismo fascista, camice nere e Balilla) ma quella dove ha vissuto con i genitori, dove nonostante la militanza paterna, il fratello Vincenzo – il maggiore dei quattro figli – aderì alla Democrazia Cristiana, di cui fu consigliere provinciale di Milano dal 1975 al 1980. La stessa libertà professata dall’altro fratello, Romano Maria, salito alla ribalta delle cronache per aver fatto il saluto fascista durante i funerali del cognato Alberto Stabilini, il 19 settembre, ripreso in un video circolato sul web e sui giornali, e per il quale la procura di Milano ha poi aperto un fascicolo.
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