Non solo il ritorno della guerra in Europa, con l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia. Il presidente Vladimir Putin dopo aver annunciato le operazioni per “smilitarizzare” e “denazificare” il Paese, ha rispolverato anche la paura della bomba nucleare. Il capo del Cremlino ha ordinato al ministro della difesa russo e al capo dello stato maggiore dell’esercito – viste le “dichiarazioni aggressive” dell’Occidente – di mettere le forze di deterrenza nucleare in un “regime speciale di combattimento”.

La Russia è una potenza nucleare, seconda soltanto agli Stati Uniti nel mondo. Gli USA detengono il primo arsenale mondiale: 5.500 bombe. La seconda potenza con 4.500 testate è la Russia. A seguire la Cina con 350 testate, la Francia con 300 testate, il Regno Unito con 215 testate, il Pakistan con 150 testate, l’India con 140 testate e la Corea del Nord con 10 testate. L’Italia non possiede armi nucleari e neanche ne produce. Sul proprio territorio, in virtù del programma di “condivisione nucleare” ospita una cinquantina di testate tra le basi militari di Ghedi e di Aviano, rispettivamente in provincia di Brescia e di Pordenone.

L’arsenale russo conta 4.477 testate nucleari con altre 1.500 già smantellate o in via di smantellamento. Il dato è aggiornato al 23 febbraio, secondo la Federation of American Scientists. Di queste 2.889 sarebbero immagazzinate e 1.558 già montate su diversi vettori, circa 812 testate installate su missili balistici intercontinentali, 576 su sottomarini lanciamissili e 200 su bombardieri. Quasi mille testate si troverebbero invece in magazzino con altre 1.912 testate considerate “non strategiche”.

Gli Stati Uniti hanno denunciato in passato il nuovo missile “9m729” capace di colpire un obiettivo fino a 2.500 chilometri di distanza. Le basi russe in grado di lanciare armi atomiche sono a Rostov, a San Pietroburgo e a Kaliningrad. È quest’ultima quella che desta maggiori preoccupazioni: si tratta di un’enclave tra i territori di Polonia e Lituania, affacciata sul mar Baltico. La catena di comando ricalca quella del sistema sovietico: i tre codici di lancio sono nelle mani del presidente, del ministro della Difesa e dello Stato maggiore interforze.

Quella di Putin tuttavia è considerata una mossa di “pura propaganda” da Andrea Margelletti, analista di questioni militari e geopolitiche, presidente del Centro studi internazionali, in una intervista al quotidiano La Stampa. “Non c’è proprio niente da incrementare. Nei silos dove ci sono i missili intercontinentali a testata atomica, sia quelli Usa sia quelli russi, ci sono in permanenza ufficiali in grado di premere il bottone in tre minuti e i missili arrivano a destinazione in trenta. Lo stesso accade con i sottomarini, perennemente in moto, sempre pronti a colpire”.

Secondo il politologo Ian Bremmer, fondatore a capo di “Eurasia”, principale centro Usa di ricerche sui rischi internazionali, a Il Corriere della Sera ha detto che la minaccia nucleare “è seria. Non è la Terza guerra mondiale, ma è la minaccia molto seria di un leader con le spalle al muro: stavolta ha sbagliato i calcoli, ma non può tornare indietro. E allora alza la posta. Credevamo che il mondo non avrebbe più rischiato un conflitto nucleare, che non ci sarebbero state più crisi come quella dei missili sovietici a Cuba. Invece siamo tornati al 1962”.

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Giornalista. Ha studiato Scienze della Comunicazione. Specializzazione in editoria. Scrive principalmente di cronaca, spettacoli e sport occasionalmente. Appassionato di televisione e teatro.