La Procura di Milano ha aperto un fascicolo contro Casaleggio. O meglio contro ignoti. Ma contro ignoti della Casaleggio Associati. Per ora è informativo: i magistrati devono capire di quale natura fosse in realtà il rapporto tra Casaleggio Associati e Philip Morris. Fino a oggi, chi ha provato a chiederlo ha trovato le porte chiuse, sbarrate. Al giornalista de Le Iene che si è presentato con le telecamere nella sede milanese per chiedere quali prestazioni sono state rese per oltre 2 milioni di euro in tre anni, il fondatore del M5S ha letteralmente chiuso la porta in faccia, incaricando l’agenzia Visverbi (l’ufficio stampa di Casaleggio ha un nome che tradotto dal latino significa: “forza della parola”, pensa un po’) di girargli via mail un no comment: «In risposta alla domanda del vostro giornalista Antonino Monteleone ribadisco che per policy aziendale Casaleggio Associati non parla dei propri clienti così come non entra nel merito delle attività di consulenza che vengono svolte».

La nemesi è sin troppo ironica, quando la fonte è colui che doveva aprire la scatola chiusa della politica nel nome della massima trasparenza.
Il fascicolo è stato aperto dal pool di contrasto ai reati contro la pubblica amministrazione coordinato dall’aggiunto Maurizio Romanelli. Degli accertamenti si occuperà il Nucleo di polizia economico finanziaria della Gdf di Milano. Gli inquirenti vogliono capire che genere di consulenze la società di Davide Casaleggio, presidente della piattaforma Rousseau e figlio di Gianroberto, co-fondatore del Movimento 5 Stelle, abbia ottenuto dalla multinazionale e se ci siano eventuali legami tra quei soldi incassati e i provvedimenti di legge coincidenzialmente favorevoli all’industria del tabacco e, in particolare, alla Philp Morris. Per ora a darne qualche traccia è quest’ultima, che scrive, in carta bollata, come «la Casaleggio Associati, che rappresenta una delle più qualificate agenzie nei servizi di comunicazione digitale, ha supportato Philip Morris Italia nella costruzione ed espansione della comunicazione corporate dell’azienda sui canali digitali. L’incarico ha previsto servizi quali la creazione di contenuti multimediali, la gestione dei profili social dell’azienda, il supporto per eventi aziendali e non, e il monitoraggio online».

Un articolo del Fatto Quotidiano – che dell’area se ne intende – del novembre 2017 parla appunto di un accordo tra Philip Morris e Casaleggio dettagliando che lo stesso è relativo alla gestione del profilo Twitter. E in effetti l’account del gigante del tabacco è stato aperto nel novembre di quell’anno, ma in tre anni ha raggiunto appena 1030 follower, un bottino davvero magro. Abbiamo chiesto a tre aziende di medio-grandi dimensioni qual è il costo di mercato per la gestione di un profilo Twitter con una attività quotidiana. Le quotazioni delle migliori agenzie, iva inclusa, sono attorno ai 20.000 euro. Aggiungendo Facebook e Instagram, con la produzione di grafica e creatività più volte al giorno, potremmo salire fino a 80 o addirittura 100mila euro l’anno. Insomma, il mistero rimane e la curiosità verso i 2 milioni cresce. Anche perché ieri Philip Morris, con un comunicato stampa, ha confermato di averli versati tutti, a Casaleggio. Come da noi rivelato. E a questo punto per il gigante del tabacco arriva la buona notizia: sono tantissimi i fornitori pronti ad offrire gli stessi servizi a un prezzo competitivo.

Nel Movimento intanto si vivono giornate di fibrillazione e sembra che qualcuno voglia cavalcare l’inchiesta per tagliare i ponti con l’ingombrante figura dell’erede del fondatore. In Europa il M5S perde in un colpo solo ben quattro eurodeputati, nauseati dalla gestione opaca di un partito padronale. Hanno annunciato il loro addio Ignazio Corrao, Piernicola Pedicini, Eleonora Evi e Rosa D’Amato, che si iscrivono ai Verdi. Ma il terremoto colpisce anche i ministri pentastellati, dove la corrente di Di Maio trae il massimo vantaggio dalle difficoltà del co-titolare del partito.

Il Corriere della Sera ieri ha chiesto conto al Viceministro allo sviluppo economico Stefano Buffagni del contratto del presidente di Rousseau, co-fondatore del M5S e titolare unico di Casaleggio Associati con Philip Morris. Buffagni, allineato da sempre con Di Maio, non si è fatto pregare: «Serve una legge sul conflitto di interessi per evitare che si speculi su questa notizia. Casaleggio è un’azienda e fa delle scelte, il governo ne fa altre indipendenti» ma quella della piattaforma «è una situazione che va risolta perché imbarazza un’azienda che vuole lavorare e un movimento che vuole avere autonomia. La nuova governance deve trovare una soluzione che tuteli le parti». Ma se Casaleggio resta fondatore di M5S, come si scioglie il conflitto d’interesse? «Trasparenza e regole certe sono assi fondamentali», dice Buffagni.

 

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Ph.D. in Dottrine politiche, ha iniziato a scrivere per il Riformista nel 2003. Scrive di attualità e politica con interviste e inchieste.