Uno dei tanti problemi della proposta di riforma Fraccaro di riduzione del numero di parlamentari riguarda il diritto di rappresentanza degli italiani all’estero, un diritto che viene severamente penalizzato. Già oggi gli italiani all’estero sono sottorappresentati in Parlamento per via del compromesso che permise nel 2001 l’introduzione in via bipartisan della Circoscrizione Estero. I parlamentari eletti all’estero infatti rappresentano molti più elettori che i loro colleghi eletti in Italia, precisamente quattro volte di più. Con la riforma il rapporto tra eletti ed elettori viene ulteriormente diluito: ogni senatore eletto all’estero rappresenterà 1,2 milioni di cittadini, ogni deputato 700mila cittadini residenti all’estero.

La riforma non solo preserva le competenze delle due camere invariate senza scalfire il tanto vituperato bicameralismo perfetto ma umilia il diritto di rappresentanza di tante minoranze come quella degli italiani all’estero, una “minoranza” che ormai sfiora le 6 milioni di unità. La riforma fa parti uguali tra diseguali: attua un taglio lineare del numero di parlamentari mentre gli italiani all’estero sono già sottorappresentati. La cittadinanza dovrebbe essere una sola e invece con la riforma il “peso” di ogni cittadino in termini di rappresentanza democratica dipenderà sempre di più da dove si risiede. Con la riduzione dei parlamentari eletti si creeranno dei collegi multi-planetari, dal Nord America fino all’Oceania, rendendo ancora più complesse e costose le campagne elettorali. Le campagne elettorali avranno un costo esorbitante e diventeranno un ostacolo enorme per la partecipazione e quindi la contendibilità delle cariche elettive, un principio cardine delle democrazie liberali. Potranno gareggiare solo candidati molto facoltosi o con alle spalle grosse organizzazioni a scapito della diversità e del ricambio generazionale.

Questa riforma riduce la pattuglia parlamentare degli italiani all’estero a mera decorazione, mentre lascia invariato il numero di senatori eletti a vita e il numero di consiglieri regionali coinvolti nell’elezione del presidente della Repubblica. Sarebbe interessante sapere perché tale sensibilità non sia stata applicata anche alla Circoscrizione Estero. Collegi enormi, pochi rappresentanti, un rapporto tra eletti ed elettori fragilissimo, tutti fattori che costituiscono un ostacolo all’effettiva pratica del diritto di voto degli italiani all’estero, un principio sancito dall’articolo 48 della nostra Costituzione. Già nell’Assemblea costituente veniva dibattuta e da molti riconosciuta non solo la necessità di concedere il diritto di voto agli italiani all’estero ma anche la necessità di munirli di una propria rappresentanza in Parlamento per dare una voce autonoma alle istanze delle loro comunità. Una tesi avanzata in primis da deputati come Fernando Schiavetti, una delle anime dell’emigrazione italiana in Svizzera e tra i fondatori delle “Colonie Libere Italiane” assieme a tanti altri repubblicani antifascisti.

Sono passati 70 anni eppure l’Italia continua ad avere un problema di emigrazione, di gran lunga peggiore dei problemi legati all’immigrazione. L’esodo giovanile priva il paese di alcune delle sue risorse migliori. È importante rappresentare anche questa Italia che se ne va, spesso per scelta ma ancora più spesso per scelta obbligata. Questa Italia va ascoltata e capita, non per forza per farla tornare ma per capire come rendere il nostro paese più attrattivo. In questi ultimi decenni l’Italia ha introdotto varie forme innovative di rappresentanza delle proprie comunità di cittadini residenti all’estero, prima con i Comitati Italiani all’Estero (Comites), poi con il Consiglio Generale degli Italiani all’estero (Cgie) e infine introducendo una vera e propria circoscrizione parlamentare, perché in un mondo sempre più interconnesso anche i diritti delle persone devono diventare mobili. Sempre più paesi hanno seguito l’esempio italiano: oggi ben 13 paesi nel mondo si sono dotati di una “Circoscrizione estero”, ovvero parlamentari eletti dai propri cittadini residenti all’estero. Paesi come Francia, Portogallo, Croazia, Romania e Macedonia, mentre sempre più paesi stanno discutendo se introdurla o meno. Sarebbe davvero curioso che arrivati a questo punto, proprio mentre il numero di cittadini italiani all’estero continua ad aumentare, sia proprio l’Italia a retrocedere cominciando a smantellare questo sistema di rappresentanza.

Non si può battere cassa sulla democrazia: questa riforma non migliora il nostro assetto costituzionale, indebolisce la rappresentanza e rende la voce autonoma degli italiani all’estero nel Parlamento ancora più fioca. Non ci possono essere cittadini di serie A e di serie B a seconda di dove sono nati, dove sono approdati o dove sono stati costretti ad emigrare.  Per questo motivo in questi ultimi due anni migliaia di cittadini italiani residenti all’estero hanno manifestato il loro dissenso contro questo progetto di riforma costituzionale tramite iniziative pubbliche, petizioni in rete e flashmob di fronte a Consolati italiani nel Regno Unito e in Germania. Un altro motivo per votare convintamente No al referendum costituzionale del 20 e 21 settembre 2020.