L’ultima apparizione in pubblico a inizio dicembre, in una libreria: per la presentazione del libro autobiografico dell’allenatore e amico Zdenek Zeman. Appariva sorridente, Sinisa Mihajlovic. Oltre alla carriera da calciatore duro ma dal piede educato la gente aveva imparato a conoscerlo per il suo carattere nell’affrontare la leucemia che lo aveva colpito ormai più di tre anni fa. Era tornato in panchina e ad allenare. Per Mihajlovic, 53 anni, serbo ma italiano adottivo per i suoi lunghi trascorsi tra i campi e le panchine di Serie A, in queste ore c’è una lunga schiera di tifosi e appassionati in apprensione.

L’ex calciatore e allenatore è morto nella giornata di venerdì 16 dicembre nella clinica Paideia a Roma.

A scatenare la preoccupazione, fino alle conseguenze estreme della notizia rimbalzata tra chat e social della presunta morte dell’ex calciatore senza alcuna conferma, il tweet del giornalista Clemente Mimum: “Forza Sinisa”. Si erano rincorsi commenti e post. Nessuna conferma comunque. Dal luglio del 2019 Mihajlovic combatte contro una leucemia mieloide acuta. Una malattia della quale aveva parlato lui stesso in una conferenza stampa indimenticabile e intensa. “Ho passato la notte a piangere e ancora adesso ho lacrime ma non sono di paura – aveva raccontato l’allora tecnico del Bologna – io da martedì andrò in ospedale e non vedo l’ora di iniziare a lottare per guarire. Ho spiegato ai miei giocatori che lotterò per vincere come ho insegnato loro a fare sul campo. Questa sfida la vincerò, non ci sono dubbi. La malattia è in fase acuta e aggressiva ma attaccabile, ci vorrà del tempo ma si guarisce“.

Un mese dopo, dopo tre ricoveri e un trapianto, Sinisa era già in panchina. La sua battaglia aveva superato il pubblico degli appassionati di calcio: nel 2020 era stato ospite anche al Festival di Sanremo. Lo scorso marzo aveva però fatto sapere in conferenza stampa di doversi di nuovo sottoporre a un nuovo ciclo di cure per contrastare la ricomparsa della malattia. “Questa volta per usare un termine calcistico non entrerò in scivolata su un avversario, ma giocherò d’anticipo – le parole in conferenza stampa -. Questa malattia è molto coraggiosa nel tornare ad affrontare un avversario come me. Questo è il percorso della mia vita, a volte si incontrano delle buche improvvise, si può cadere e bisogna ritrovare la forza per rialzarsi”.

È morto Sinisa Mihajlovic, addio all’ex calciatore e allenatore: dal 2019 combatteva contro la leucemia

A twittare nelle ultime ore aggiornamenti sulla situazione Ilario Di Giovambattista, direttore Editoriale di Radio Radio. “Alle 11.53 Sinisa #Mihajlovic è stabile – scriveva ieri pomeriggio -. Le notizie che rimbalzano nelle chat sono totalmente false. Vero è che nelle ultime ore le sue condizioni di salute sono peggiorate. È circondato dall’affetto dei suoi cari che lo confortano. Questa corsa all’annuncio è raccapricciante”. E ancora, oggi pomeriggio: “Ho ricevuto tanti messaggi per sapere di Sinisa #Mihajlovic. È l’affetto nei confronti dell’uomo e del Campione. Ma è opportuno che a parlare sia la famiglia o la Paideia. Ieri ho scritto solo per mettere a tacere il vocio di sottofondo. È passata la notte, forza Sinisa”. Paideia è una clinica di Roma fondata negli anni ’60 riorganizzata nei primi 2000 come un ospedale privato specializzato.

Al momento quindi nessuna voce ufficiale sulle condizioni del campione serbo. Mihajlovic è nato il 20 febbraio del 1966 a Vukovar in Croazia. È cresciuto nel Borovo, con la Stella Rossa di Belgrado ha vinto la Coppa dei Campioni. In Italia ha giocato con Roma, Sampdoria, Lazio e Inter. Ha vinto da calciatore due scudetti, quattro Coppe Italia e quattro trofei europei. Ha allenato Bologna, Catania, Fiorentina, Nazionale serba, Sampdoria, Milan, Torino, Sporting Lisbona e di nuovo Bologna. Dal 2005 è sposato con Arianna Rapaccione, romana ex soubrette televisiva. Cinque i figli della coppia: Viktorija, Virginia, Miroslav, Dusan e Nicholas. Nel 1993 aveva avuto un altro figlio, Marko, da un’altra relazione. “Sono sempre stato un uomo difficile, che si esaltava negli scontri. Ma con certi avversari la battaglia è più dura”, ha raccontato nella sua autobiografia, La partita della vita, scritta con il vicedirettore della Gazzetta dello Sport Andrea Di Caro.

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