Puntuale come la cartella delle tasse, ecco arrivare la “proroga” per i vertici degli apparati di sicurezza del Paese. Con la giustificazione dell’emergenza Covid-19, al momento prevista fino al prossimo 15 ottobre, il premier Giuseppe Conte, nell’ultimo Consiglio dei ministri dello scorso 28 luglio, ha fatto approvare un decreto che modifica la durata degli incarichi per i capi dei Servizi. La modifica sarebbe avvenuta da parte di Conte, che ha la delega, senza alcuna preventiva interlocuzione con il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica (Copasir) e con il Comitato interministeriale per la sicurezza della Repubblica (Cirs). Uno “sgarbo” istituzionale che ha fatto storcere la bocca a molti e ha scatenato le opposizioni per non essere state coinvolte su un tema così delicato. Ieri il Copasir, come risposta, ha chiesto al governo di visionare i verbali sul Covid del comitato tecnico scientifico.

Le leggi sui Servizi, la prima è del 1977, la seconda è del 2007, vennero approvate con ampie maggioranze in quanto la sicurezza nazionale non può essere appannaggio solo del premier di turno. La durata dell’incarico per i capi dei Servizi è di due anni, con possibilità di rinnovo per una sola volta. Il primo a beneficiare della modifica voluta da Conte è il generale dei carabinieri Mario Parente, direttore dell’Aisi, l’ex Sismi. Parente era stato nominato ad aprile del 2016 e prorogato lo scorso giugno con uno dei tanti Dpcm emessi durante l’emergenza sanitaria. Lo strumento normativo utilizzato era stato però bocciato dalla Corte dei Conti. Dunque la necessità di “regolarizzare” la sua posizione. Un’altra proroga nei prossimi mesi dovrebbe interessare anche l’attuale comandante generale dell’Arma Giovanni Nistri, come sottolineato ieri dal ben informato Carlo Bonini su Repubblica.

Le proroghe, comunque, non sono una novità a viale Romania. Il primo “prorogato” fu Leonardo Gallitelli. Dopo una vita trascorsa al Comando generale come capo di stato maggiore, nel 2009, ultimo governo Berlusconi, venne nominato capo dell’Arma. L’incarico doveva scadere nel 2013 ma Gallitelli riuscì ad ottenere una proroga in modo rocambolesco per tutto il 2014: la motivazione fu quella di dover gestire quell’anno le celebrazioni per il bicentenario di fondazione dell’Arma. La proroga venne decisa nell’ultimo Consiglio dei ministri del governo Monti prima delle dimissioni. Poi fu il turno di Tullio Del Sette, primo caso di capo di gabinetto di un ministro diventato comandante generale dell’Arma. Del Sette, esperto di norme e codici militari essendo stato per sette anni il capo ufficio legislativo a via XX Settembre, agli inizi del 2017 doveva lasciare il posto per raggiunti limiti di età. A gennaio di quell’anno, su forte spinta del ministro della Difesa Roberta Pinotti di cui era stato il capo di gabinetto, venne prorogato di un anno, pur essendo indagato per favoreggiamento e rivelazione del segreto d’ufficio in uno dei filoni dell’indagine Consip. I grillini, allora all’opposizione, gridarono allo scandalo.

Ora, dunque, è il turno di Giovanni Nistri, in scadenza agli inizi del 2021. Uomo di fiducia di Dario Franceschini, che da ministro dei Beni e le attività culturali lo volle a capo del progetto Grande Pompei. Per la legge, articolo 1094 del Codice dell’ordinamento militare nella sua ultima formulazione, il suo incarico “dovrebbe” durare tre anni secchi, non prorogabili o rinnovabili. Su Nistri aleggia però il pressing dei generali di corpo d’armata. In pole position è Angelo Agovino, attuale numero due dell’Aise, l’ex Sisde, da tutti i commentatori descritto in quota M5s. Agovino, già fedelissimo di Gallitelli, arrivò ai Servizi nell’estate del 2019 su indicazione di Luigi Di Maio. Il ministro degli Esteri punta ora al colpaccio del primo comandante generale “grillino”. Uno sgambetto alla corsa di Agovino potrebbe arrivare da Teo Luzi, capo di stato maggiore dell’Arma e sponsorizzato dai vertici del Comando generale. Outsider, infine, Enzo Bernardini, romano come Nistri, ora comandante dei carabinieri del Nord-Est, stimato dal governatore del Veneto Luca Zaia.