Una vera e propria guerra di nervi. È quella che si sta consumando nelle stanze dei bottoni della politica italiana, dopo le dimissioni di Giuseppe Conte. La strada verso un reincarico del premier uscente è ancora quella più battuta dai partiti di maggioranza, almeno ufficialmente. Ma il mezzo flop dell’operazione Responsabili non passa inosservato nelle stanze dei bottoni. E nei corridoi delle aule parlamentari.

Le voci si rincorrono, così come le strategie. Di concreto c’è che un nome va trovato, e in tempi brevi, se attorno a quello di Conte non dovesse formarsi una maggioranza stabile. In questi giorni ne sono circolati tanti: uno dei più ‘gettonati’ è Stefano Patuanelli, molto gradito a Italia viva. Soprattutto perché i rumors sul ministro dello Sviluppo economico agitano le acque in casa Cinquestelle.

Il Movimento è sotto bombardamento continuo, perché diverse volte è saltato fuori anche il nome di Roberto Fico. Chi conosce affondo e dall’interno le dinamiche M5S fa capire che la tattica per ora non ha avuto effetti: “Vogliono spaccarci lanciando nel vuoto nomi ‘deboli’, visto che siamo compatti su Conte”. Anche se Teresa Bellanova, pubblicamente, va oltre. E alla domanda se Iv sia contraria all’arrivo di Luigi Di Maio a Palazzo Chigi, risponde: “Non poniamo né subiamo veti”.

Il diretto interessato, però, non si fa cogliere impreparato. In una riunione con i suoi, infatti, dice: “Tirano in ballo il mio nome col chiaro intento di mettermi contro Conte, ma sanno benissimo che sto lavorando fianco a fianco con lui, con la massima lealtà”.

I renziani ne hanno anche per il Pd. Visto che Maria Elena Boschi lancia una provocazione ai suoi ex compagni di partito, usando le indiscrezioni su un possibile ritorno di Paolo Gentiloni a capo del governo: “Strano che al Partito democratico non vada bene una figura stimata come la sua”. La reazione è quasi immediata: “Italia Viva prova a destabilizzare i partiti della maggioranza”, dice Michele Bordo. Quello del commissario Ue agli Affari economici non è l’unico profilo dem di cui si parla nei palazzi, però. Nelle varie chat il nome più ricorrente è quello di Dario Franceschini, che precede di qualche spanna Andrea Orlando. Nel calderone ci finisce anche il ministro della Difesa, Lorenzo Guerini, uno dei leader di Base riformista, componente di peso nello scacchiere democrat. Nel risiko del toto-premier, ovviamente, non manca Marta Cartabia, l’ex presidente della Consulta, finita suo malgrado nella lista di ‘papabili’ per Palazzo Chigi. E siamo solo al primo giro di consultazioni.

IL GRUPPO EUROPEISTA CHE NON SPOSTA GLI EQUILIBRI- Resta il problema dei numeri ed è, per Conte, un problema enorme, perché le trattative per consolidare la maggioranza dopo lo strappo dei renziani vanno avanti da giorni senza dare garanzie. Al Senato si è costituito il gruppo Europeisti-Maie-Centro democratico, ma tutti e dieci gli esponenti avevano votato la fiducia a Conte: il che significa che al netto del valore politico della formalizzazione del nuovo gruppo a sostegno del premier non cambiano gli equilibri, per ora. Chi lavora all’operazione, Bruno Tabacci in testa, guarda con insistenza a Forza Italia, che al momento appare compatta ma non sono perse le speranze su un paio, forse tre nuove uscite dopo quella di Maria Rosaria Rossi e Andrea Causin. I nomi che circolano sono gli stessi da giorni: Luigi Vitali, Anna Carmela Minuto e Laura Stabile. E poi si lavora ancora sugli Udc Paola Binetti e Antonio Saccone, con il presidente Antonio De Poli che frena: “Noi ci tiriamo fuori da questi giochi e come forza di Centro nel Centrodestra auspichiamo un Esecutivo solido che porti l’Italia fuori dalla crisi”.

Anche gli esponenti di Cambiamo! Massimo Berutti, Gaetano Quagliariello e Paolo Romani smentiscono “categoricamente ogni coinvolgimento nella formazione di nuovi gruppi parlamentari al Senato”. Mentre il tentativo di spaccare Italia Viva, dopo giorni di insistenza, sembra ormai fallito.

A destra Salvini incalza: “Noi a Mattarella diremo no a questo mercato delle vacche e no a un reincarico a Conte. Quando non ci sarà più quel signore a palazzo Chigi ragioneremo del resto”. (LaPresse)

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