Le dimissioni del presidente del Consiglio Giuseppe Conte, avvenute questa mattina al culmine di una crisi politica innescata col ritiro della delegazione di Italia Viva al governo, le ministre Bonetti e Bellanova e il sottosegretario Scalfarotto, aprono le porte a una serie di passaggi istituzionali e scenari politici.

Una fase politica che si concluderà soltanto quando un nuovo presidente del Consiglio, che potrà essere lo stesso Conte con un governo ter, e i suoi ministri, giureranno nelle mani del presidente della Repubblica.

IL RUOLO DEL QUIRINALE – In questa fase di crisi di governo un ruolo cruciale lo avrà il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che ha già programmato per mercoledì pomeriggio le consultazioni con i gruppi parlamentari.

Dopo aver ricevuto i gruppi parlamentari l’inquilino del Quirinale dovrà quindi scegliere: conferire un mandato esplorativo a un personaggio istituzionale, come fatto nel 2018 ai presidenti di Camera e Senato, Fico e Casellati, oppure affidare un mandato pieno o esplorativo allo stesso Giuseppe Conte, se dovesse manifestare a Mattarella la prospettiva di una maggioranza coesa. Terza ipotesi è quella di avviare delle consultazioni proprie al Quirinale ed eventualmente conferire il mandato esplorativo (o la nomina) a un’altra personalità, mentre sullo sfondo, con una percentuale al momento bassa, dopo aver attestato l’impossibilità di formar un nuovo esecutivo vi sarebbe lo scioglimento delle Camere per ritornare alle urne.

IL GOVERNO – L’attuale governo, nonostante le dimissioni del suo presidente, resta in carico per lo svolgimento degli affari correnti fino al giuramento di un nuovo esecutivo nelle mani del Capo dello Stato (o di eventuali elezioni). Tra i cosiddetti ‘affari correnti’ rientra anche l’emanazione di decreti legge per necessità e urgenza.

IL PARLAMENTO – Le attività parlamentari, in mancanza del rapporto fiduciario, di fatto si fermeranno. Si continuerà a lavorare però per gli atti urgenti come la conversione dei decreti legge in scadenza.

IL CASO DELLA RELAZIONE GIUSTIZIA – La relazione sulla giustizia del Guardasigilli Alfonso Bonafede, che avrebbe messo probabilmente KO la maggioranza Conte al Senato con il ‘no’ di centrodestra e Italia Viva, resta in calendario per mercoledì 27 gennaio. Come previsto infatti dalla riforma della legge sull’Ordinamento giudiziario del 2005, il ministro della Giustizia deve rendere comunicazioni (con susseguente voto) sull’amministrazione della giustizia nel precedente anno entro il ventesimo giorno dalla data di inizio di ciascun anno giudiziario.

Come ricorda l’Ansa, nel 2013 le comunicazioni fatte sulla giustizia da un esecutivo dimissionario, quello di Mario Monti, vennero trasmesse al Parlamento senza svolgere la ‘conta’ in Aula. Nel 2008 invece l’allora ministro Clemente Mastella tenne la relazione a Montecitorio poche ore prima dell’arresto della moglie Sandro Lonardo. L’attuale sindaco di Benevento parlò alla Camera e andò a dimettersi, per cui non ci fu un voto sulla relazione.

Come confermato dal capogruppo del Pd Andrea Marcucci, la relazione potrebbe essere infatti inviata al Senato senza essere illustrata in Aula. Inizialmente prevista domani all’esame dell’assemblea, non è stata messa nel calendario della conferenza dei capigruppo che si è riunita nel pomeriggio. “Reputo che verrà trasmessa al Senato, presumo domani, come è giù successo in passato”, ha detto Andrea Marcucci.

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Romano di nascita ma trapiantato da sempre a Caserta, classe 1989. Appassionato di politica, sport e tecnologia