Uno su 40, ovvero quasi un milione e mezzo di italiani ha sviluppato anticorpi contro il coronavirus. E’ quanto emerge dall’indagine sulla sieroprevalenza effettuata dall’Istat tra maggio e luglio, nell’ambito della quale, grazie al contributo di Croce rossa italiana, 64.660 italiani sono stati sottoposti al test.

Secondo i dati statistici, sono un milione 482 mila le persone risultate con IgG positivo, che hanno cioè sviluppato gli anticorpi per il Sars-CoV-2, il 2,5% della popolazione. Quelle che sono entrate in contatto con il virus sono dunque sei volte di più rispetto al totale dei casi intercettati ufficialmente durante la pandemia. Se il dato viene messo in rapporto con il numero dei decessi accertati dall’inizio dell’epidemia, 35.166, ne esce un indice di mortalità del 2,3%.

Il 41,7% di quanti hanno avuto un malato in famiglia ha sviluppato gli anticorpi, spiega l’Istat, e la prevalenza si abbassa al 15,9% per i familiari non conviventi. Un sostanziale incremento della prevalenza si osserva anche quando vi siano stati contatti con colleghi di lavoro affetti dal virus (11,6%), o con pazienti nella stessa condizione (12,1%). “E’ opportuno sottolineare che anche in presenza di una stretta convivenza con persone affette da virus non è detto che necessariamente si generi il contagio – spiega l’Istat – purché vengano osservate scrupolosamente le regole di protezione consigliate”.

LE REGIONI – La Lombardia, come prevedibile, raggiunge di gran lunga i massimi livelli di sieroprevalenza con una media regionale del 7,5%. Il caso della Lombardia è unico: da sola questa regione assorbe il 51% delle persone che hanno sviluppato anticorpi. D’altra parte in Lombardia, dove è residente circa un sesto della popolazione italiana, si è concentrato il 49% dei morti per il virus e il 39% dei contagiati ufficialmente intercettati durante la pandemia: in alcune sue province, quali ad esempio Bergamo e Cremona, il tasso di sieroprevalenza raggiunge addirittura punte, rispettivamente, del 24% e 19%.

Dopo la Lombardia segue la Valle d’Aosta, con il 4%, e un gruppo di regioni che si collocano attorno al 3%: Piemonte, Trento, Bolzano, Liguria, Emilia-Romagna e Marche. Il Veneto è all’1,9%, il Lazio all’1%, mentre otto Regioni, tutte del Mezzogiorno, presentano un tasso di sieroprevalenza inferiore all’1%, con i valori minimi in Sicilia e Sardegna (0,3%). Tra i lavoratori i più colpiti si confermano quelli della sanità con una sieroprevalenza media del 5,3%.

L’ARCO TEMPORALE – L’indagine è stata condotta dal 25 maggio al 15 luglio  secondo quanto previsto dal decreto legge 10 maggio 2020 n. 30 “Misure urgenti in materia di studi epidemiologici e statistiche sul SARS-CoV-2”, convertito in legge il 2 luglio 2020. Titolari dell’indagine sono Istat e Ministero della Salute nelle rispettive funzioni, mentre la Croce Rossa ha condotto la rilevazione sul campo con l’aiuto delle Regioni. L’Istat ha curato il disegno statistico dello studio, la progettazione del questionario – condividendola con il Comitato Tecnico scientifico – e l’analisi dei dati. Il Ministero della Salute ha sviluppato la piattaforma di monitoraggio e coordinato la rilevazione sul campo anche nel raccordo con le Regioni, i centri prelievo e i laboratori.
L’indagine mira a definire la proporzione di persone nella popolazione generale che hanno sviluppato una risposta anticorpale contro SARS-CoV-2, attraverso la ricerca di anticorpi specifici nel siero. La metodologia adottata consente, oltre che di valutare il tasso di siero-prevalenza per SARS-CoV-2 nella popolazione, di stimare la frazione di infezioni asintomatiche o subcliniche e le differenze per fasce d’età, sesso, regione di appartenenza, attività economica nonché altri fattori di rischio.

NESSUNA DIFFERENZA TRA UOMO E DONNA – Non emergono differenze significative per quanto riguarda il genere. Uomini e donne sono stati colpiti nella stessa misura dal SARS-CoV-2 così come emerso anche da studi di altri Paesi. Per quanto riguarda l’età, la sieroprevalenza rimane sostanzialmente stabile al variare delle classi utilizzate nel disegno campionario e riportate nel Prospetto 2. E’ comunque interessante notare come il dato di sieroprevalenza più basso sia riscontrabile per i bimbi da 0 a 5 anni (1,3%) e per gli ultra85enni (1,8%), due segmenti di popolazione per età verosimilmente più protetti e, quindi, meno esposti durante l’epidemia.

Gli occupati sono stati toccati dal SARS-CoV-2 analogamente ai non occupati. Le differenze emergono in base al settore di attività economica. Nella Sanità si registra infatti la sieroprevalenza più alta con il 5,3% e un intervallo di confidenza che oscilla tra il 4,1% e il 6,6. Il dato arriva al 9,8% nella zona a più alta sieroprevalenza con un intervallo di confidenza dal 6,5% al 13,1%.

QUASI 1 SU 4 E’ ASINTOMATICO – La percentuale di asintomatici è molto importante, perché evidenzia quanto ampia sia la quota di popolazione che può contribuire alla diffusione del virus. E quindi quanta attenzione ciascun cittadino deve porre alla scrupolosa applicazione delle misure basilari di sicurezza a difesa di se stesso e degli altri.

Il 27,3% delle persone che ha sviluppato anticorpi non ha avuto alcun sintomo. Un dato elevato che sottolinea quanto sia importante l’identificazione immediata delle persone affette dall’infezione, nonché di tutti gli individui con cui, a loro volta, sono entrate in contatto.

I SINTOMI PIU’ DIFFUSI – Oltre agli asintomatici – ed escludendo il 6,5% di non rispondenti – il restante insieme di coloro che hanno avuto sintomi si divide tra persone con uno o due sintomi (esclusa la perdita dell’olfatto e/o del gusto) che rappresentano il 24,7% e persone con almeno tre sintomi. Queste ultime includono anche coloro che presentano i soli sintomi di perdita di olfatto e/o di gusto, e rappresentano il 41,5% della popolazione che ha sviluppato anticorpi.

Tra i sintomi più diffusi nell’ambito dei soggetti con uno o due sintomi si osservano la febbre (27,8%), la tosse (21,6%), il mal di testa (19,2%). I sintomi più diffusi dei soggetti con almento tre sintomi oppure perdita di gusto o di olfatto sono: febbre (68,3%), perdita di gusto (60,3%), sindrome influenzale (56,6%), perdita di olfatto (54,6%), stanchezza (54,6%), dolori muscolari (48,4%), tosse (48,1%), mal di testa (42,5%). In proposito, è importante sottolineare come alcuni sintomi siano maggiormente associati alla positività nell’indagine di sieroprevalenza. Su 100 persone che hanno presentato il sintomo di perdita del gusto il 27,5% è risultato positivo; analogamente su 100 persone che hanno presentato il sintomo di perdita dell’olfatto è risultato positivo il 25.4%.

PROSPETTO 5. POPOLAZIONE CON ANTICORPI SARS-CoV-2 PER TIPO DI SINTOMI per 100 persone con IgG positivo e con sintomi

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