Il Cardarelli di Napoli e il Ruggi d’Aragona di Salerno sono stati i primi due ospedali di pronto soccorso a utilizzare i kit rapidi per verificare contagi da Coronavirus. Accertamenti che coinvolgono medici, infermieri, tecnici, personale delle pulizie, autisti e fornitori abituali delle aziende sanitarie, ospedaliere, universitarie e del 118. È partita così la distribuzione delle 40mila “linguette” acquistate dalla Regione. “Abbiamo consegnato mille striscette di reagenti a ogni direzione di aziende sanitarie. Ogni due o tre giorni ripeteremo la consegna in modo da avere un monitoraggio costante dello stato di salute del personale che lavora in ospedale. Ogni direzione generale ha distribuito i kit rapidi alle singole strutture. I primi a partire sono stati il Cardarelli e il Ruggi d’Aragona, ma nella prima giornata di consegna i check-up dei dipendenti – chiarisce Roberta Santaniello, componente della task-force regionale – sono stati eseguiti in tutte le strutture sanitarie”.

Disco verde per gli ospedali e i policlinici, ma la richiesta di kit rapidi si allarga subito agli ospizi che hanno bisogno di controlli urgenti. Le case di riposo sono affollate da anziani che rappresentano per il Coronavirus un importante bersaglio: dopo i problemi di Sant’Anastasia, Benevento, Sala Consilina e Fuorigrotta, gli ospizi hanno precedenza sugli altri. Il kit rapido permette di verificare in pochi minuti un eventuale contagio da Coronavirus. Si preleva da un dito una goccia di sangue, la si deposita sulla striscia di reagente e, come avviene per i controlli glicemici, la linguetta – sensibile al nuovo virus – colorandosi segnala un’eventuale positività. In questo caso con controlli ematici o con il tampone orofaringeo si completa l’accertamento.

Intanto ieri, dopo le “mascherine alla Bunny” ridicolizzate dal governatore Vincenzo De Luca qualche giorno fa, un blocco di 600mila mascherine “farlocche” è stato distribuito dalla Protezione Civile nazionale agli Ordini dei medici dei capoluoghi di Regione. Erano mascherine che sull’involucro riportavano la dizione “maschere ffp2 equivalenti”. Il commissario per l’emergenza, Domenico Arcuri, ha segnalato a Filippo Anelli – presidente della Federazione italiana degli Ordini dei Medici – che non sono dispositivi autorizzati per l’uso sanitario dalla Protezione Civile. Scattato l’allarme, Anelli ha subito chiesto ai presidenti degli Ordini dei capoluoghi di Regione di “sospendere immediatamente la distribuzione e l’utilizzo di quanto ricevuto, informando nel contempo eventuali medici o strutture che ne fossero già in possesso”. È una figuraccia dalla quale non escono bene i fornitori e la stessa Protezione Civile.

Con la garanzia di un’anticipazione del 95% di quanto dovuto dalla Regione, l’Associazione dei titolari di cliniche e case di cura convenzionate ha messo a disposizione della Regione più di 3mila posti letto per pazienti Covid e No–Covid. I titolari delle case di cura non hanno resistito al profumo del denaro accettando di assistere sia pazienti che non hanno contatti col Coronavirus sia contagiati.

Miscela ad alto rischio perché qualche struttura potrebbe trasformarsi improvvisamente in “focolaio” infettivo, com’è avvenuto in diversi ospizi. Ieri mattina Don Mario dei padri Camilliani e il direttore sanitario del “Santa Maria della Pietà” di Casoria si sono presentati da Antonio D’Amore, direttore generale dell’Asl Napoli 2 Nord, per mettere a disposizione i loro 115 posti in convenzione.

“Li ho ricevuti chiarendo – spiega il manager – che la mia azienda ha solo poteri di controllo e valutazione. Non so se quella struttura vuole entrare nel circuito Covid, la richiesta va fatta alla Regione”. Detto e fatto. Dopo le cliniche, l’Associazione di istituti sanitari gestiti da religiosi chiede alla Regione un accordo, come quello firmato dalle cliniche, per inserire Villa Betania, i Fatebenefratelli e la Santa Maria della Pietà, strutture gestite da religiosi fra i centri sanitari attivi in questo periodo di pandemia da Coronavirus.