Lo cacciano o non lo cacciano, a Gigi Di Maio? Questa domanda agita il governo si ripercuote sul Paese, mette in crisi l’Unione Europea che secondo Medvedev – il cucciolo di Putin – chissà se fra due anni ancora esiste, scuote i delicati equilibri tra le potenze del Pianeta e potrebbe avere ripercussioni lungo la frontiera indo-cinese.

È una questione divisiva, quindi divide. Io personalmente, sto per Gigino perché seguita a vestirsi come per la prima comunione e poi ha imparato un sacco da quando gli hanno spiegato che per fare il ministro degli Esteri in un governo Draghi deve solo leggere i foglietti già recapitati da Palazzo Chigi via motociclista perché s’è rotta la scatola Wi-Fi., E chi è il nemico di Di Maio, quello che lo vorrebbe espellere? È l’avvocato de noantri Giuseppe Conte. E perché e per come? Ma quante ne volete sapere.

Ricordiamo sommariamente la storia. Si era nel 2018 e il movimento 5 Stelle guidato da Di Maio, e la Lega di Salvini vinsero le elezioni ciascuno per essersi connotato fieramente nemico dell’altro. Quindi decisero di fare insieme un governo di destra, ma al bim-bum-bam nessuno dei due voleva lasciare il posto di primo ministro all’altro, finché l’avv. Bonafede, frequentatore dello studio Conte, disse: “Ho io il tipo che ci vuole” e portò Conte a un appuntamento segreto con Di Maio e Salvini, i quali dissero: “Avvocato, si aggiusti la cravatta, la pochette va bene, prenda il trolley e venga con noi”. E lo portarono da Mattarella che disse: “Avvocato, l’hanno beccata con il curriculum ritoccato, non ci faccia fare altre brutte figure. E adesso ci dica: vuole lei, avvocato Conte, fare il Primo Ministro di questo Paese?”.

Lo sciagurato ripose di sì. Adesso andiamo un po’ alla svelta sennò ci facciamo notte e arriviamo fino al governo Draghi dove Di Maio viene riconfermato ministro degli Esteri, senza sapere che zio Putin stava preparando una delle sue peggio guerre. Il partito, movimento accozzaglia o come vi piace chiamarlo, si sfascia a ogni tornata elettorale e capisce di essere un movimento morto, anche se Enrico Letta l’ha scelto come sposa sperando di riportarsi a casa dei voti che un tempo appartenevano al Pd.

Catastrofe, Tutti per uno e nessuno per tutti, Conte tanto fa e tanto non fa, che si fa bollare da un giudice la patente di guida del partito e poi fra le previsioni del tempo vede che la politica detta del “Non diamo nuove armi agli ucraini, sennò quelli le usano per sparare ai russi”, è molto gettonata e l’assume come sua. Fa un discorso tortuoso che lo impegna a morte su congiuntivi e condizionali ma poi alla fine dice: “Basta nuove armi agli ucraini, finché si tratta di qualche sasso da fionda va bene, ma qui si esagera e annuncio che abbiamo cambiato idea”. La notizia che l’avvocato Conte avesse anche delle idee fa il giro del mondo e torna puntuale da dove era partita.

L’idea che Conte aveva avuto era semplice: dire che il movimento Cinque stelle, benché rappresentato nel governo dal ministro degli esteri, ha cambiato idea sulla fornitura di aiuti anche in armi all’Ucraina invasa dai russi e così andiamo due volte al giorno sui tiggì e sui giornali, che è tutta salute per un movimento politico dichiarato morto dagli elettori. Allora Di Maio si imbufalisce e dice di no, e però arriva certo Grillo detto Beppe, con scafandro e supercazzola, che dice tu piccolo Di Maio hai finito i due mandati e torni a casa. E allora Di Maio risponde con il saluto del movimento che si chiasma “Vaffa”. E allora Conte si presenta ovunque ci siano delle telecamere e diventa simpatico e autorevole di colpo a tutti i pacifisti. E tira e molla, e molla e tira, siamo arrivati ad oggi che non si sa che aria tira. Ma non fa niente perché Di Maio si fa un movimento suo, tanto adesso sono di moda, anche il sindaco Sala se lo fa e Calenda non è mai contento perché vuole essere l’unico movimentista di taglia medio-nana.

La questione delle armi all’Ucraina era già diventata nodale in quel curioso consesso, perché Petrocelli per aver fatto la stessa cosa da Presidente della commissione Esteri, era stato già espulso. Poco male perché tutti i pentastellati sono espulsi o annullati, o sottoposti a verifica giudiziaria. Ora i penta si contano per vedere se ne mette più insieme Conte o Di Maio e si diffondono cifre vistosamente rimaneggiate. Draghi dice di non volerne sapere niente e che già ha molto da fare con l’amico Macron che si è giocato la maggioranza assoluta e che si ritroverà con un primo ministro che ha idee opposte alle sue. Nel più grande imbarazzo resta Enrico Letta che vuole salvare più Pentastellati possibile e vuole vedere come finisce questa storia perché lui, legalitario com’è, deve stare dalla parte di Conte che per sentenza giudiziaria deve essere considerato il leader dei Cinque Stelle, anche se sono pochi a crederci.

L’Italia è dunque appesa a un filo, che è anche la sua condizione naturale. Lo sconcerto è grande, anche se nessuno ci ha capito granché essendo il M5S per sua natura “fluido”: non sa bene come è nato e perché e meno che mai perché si ritrova a capo un tale che un giorno rispose all’avvocato del suo studio, il quale un giorno gli disse vieni, ti porto a conoscere un mio amico che si chiama Luigi Di Maio e se stai buono quello di fa fare anche il capo del governo. Ed era tutto vero. La puntata di oggi finisce qui.

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Giornalista e politico è stato vicedirettore de Il Giornale. Membro della Fondazione Italia Usa è stato senatore nella XIV e XV legislatura per Forza Italia e deputato nella XVI per Il Popolo della Libertà.