Non occorre pensare che i vaccini sono “acqua di fogna”, la pandemia da Covid-19 un’invenzione delle multinazionali farmaceutiche, il green pass l’equivalente della stella gialla, per riconoscere che il dilagare del virus ha disinibito e legittimato una generale mozione illiberale, autoritaria, in una cospirazione quasi perfetta del potere pubblico che la realizzava e della sudditanza che la reclamava.

L’andazzo è anche più evidente ora che la situazione è migliorata: la mancata estirpazione del virus non rappresenta uno scenario tra quelli possibili, con cui fare i conti e in relazione al quale assumere decisioni necessariamente compromissorie, ma la scena millenarista in cui si agitano pretese di salvazione totalitaria. E in questa scena chi non si vaccina non è il disinformato, lo sprovveduto, nemmeno il noncurante: è l’eretico. Così come la vaccinazione non è un presidio tra i tanti cui si ricorre nello slalom quotidiano tra gli accidenti di salute – molti di più, e spesso più gravi – cui siamo esposti: è la sottomissione timorata all’atto di imperio che ci protegge da un fiato mortifero, una cautela che non osserviamo quando saliamo in macchina, quando fumiamo, quando beviamo, quando ci asteniamo dagli adempimenti di prevenzione che ci salverebbero da mali non meno temibili.

Al suo allievo che gli racconta di un conoscente preso dal cancro (“Non si salva più! Poveretto!”), Giuseppe Rensi obietta: “Non si salva più. Egli. Perché ha un tumore all’intestino. Ma pensaci. E tu, che non l’hai, forse ti salvi?”. Non intendo dire che è vano vaccinarsi perché si muore d’altro. Intendo dire che investiamo emotivamente nella vaccinazione perché essa ci prospetta una concreta, disponibile, pungente ipotesi di salvezza a fronte del vago ma pervasivo senso di morte che ci assedia. E se temiamo e vogliamo che scompaia chi non si vaccina non è per il rischio che ci contagi, ma perché la sua insubordinazione bestemmia l’ambizione di salvezza che abbiamo assunto come l’ostia.

A me pare che sia anche – direi innanzitutto – questa temperie psicologica ad aver carburato l’indifferenza altrimenti inspiegabile verso i provvedimenti adottati nel recente passato, i più illiberali durante tutto il corso repubblicano. E credere che sia solo passato significa non capire che l’analfabetismo di un presidente del Consiglio e la strafottenza di un super commissario non bastano a produrre quel degrado. Che è lo stesso di oggi, se ci inventiamo un nuovo modello italiano messo a rischio da una nuova categoria di irresponsabili.