Nel 2006 all’epoca dei pacchi bomba di Fossano la giurisprudenza non prevedeva che le condotte ascritte potessero integrare il reato di attentato alla sicurezza dello Stato (strage politica) secondo l’articolo 285 del codice penale introdotto ai tempi del fascismo. Secondo la difesa di Alfredo Cospito c’è stata anche in questo caso una dilatazione del perimetro applicativo per cui è stato depositato il ricorso alla Corte europea dei diritti umani di Strasburgo.

Il ricorso punta a evitare per i fatti di Fossano la condanna all’ergastolo di Cospito come chiesto dal procuratore generale di Torino Piero Saluzzo dopo che la Cassazione aveva operato la riqualicazione giuridica. Della questione si occuperà anche la Corte Costituzionale il 18 aprile perché la corte d’Assise di appello aveva accolto l’eccezione dell’avvocato Flavio Rossi Albertini secondo il quale fu strage comune e non politica. Per cui se la Consulta accetterà questa tesi l’anarchico in sciopero della fame dal 20 ottobre scorso rischia la condanna tra 21 e 24 anni per la lieve entità dei danni provocati, nessun morto e nessun ferito. Nel ricorso si sostiene che Cospito avrebbe ricevuto un trattamento arbitrario sulla base di una interpretazione della fattispecie incriminatrice del tutto diversa e peggiorativa di quella vigente fino ad allora. E peraltro non preceduta da alcuna decisione di uguale portata. Quando Cospito decise di agire non poteva prevedere il cambio di prospettiva da parte della Cassazione.

Comunque il ricorso alla Cedu evidenzia che la democrazia cerca di tutelarsi con le leggi del fascismo. Il reato di strage politica fu introdotto dal ministro Alfredo Rocco il quale peraltro aveva fatto anche una cosa buona rifiutando di far approvare una legge sui “pentiti” perché sosteneva che “la delazione non va accettata nemmeno tra scellerati”. A colmare la “lacuna” ci penserà ai tempi della madre di tutte le emergenze lo Stato democratico nato dalla Resistenza antifascista. A livello di giustizia europea va detto che ieri fonti della Ue premettendo di non poter commentare casi singoli hanno ricordato di aver adottato nel dicembre scorso una serie di raccomandazioni relative alle condizioni di detenzione per gli Stati membri.

Le raccomandazioni stabiliscono misure standard minime alcune delle quali, precisano le fonti Ue, sono già presenti in diversi strumenti come l’uso della custodia cautelare come misura di ultima istanza e l’introduzione di revisioni periodiche. La Ue raccomanda standard minimi per le dimensioni delle celle, il tempo all’aperto e le condizioni nutrizionali e sanitarie oltre a iniziative per il reinserimento sociale. Gli Stati membri sono stati esortati ad adottare le misure necessarie a livello nazionale per allineare le pratiche alle raccomandazioni ricevute mesi fa.