Il futuro dell'Unione
Crisi Covid, l’Ue o ne esce unita o si affonda tutti insieme
Qualcosa di rilevante si è mosso, in questi giorni, ma ancora non ci siamo. L’attivazione della “general escape clause” da parte della Commissione è certamente una notizia buona. Ma è anche, per dirla chiaramente, una notizia ovvia. Recita infatti il Six Pack (sì, quello che allora, nel 2011, non avremmo dovuto firmare): «In periodi di severa recessione per la Zona euro o tutta l’Unione europea, gli Stati possono temporaneamente allontanarsi dall’aggiustamento verso l’obiettivo di medio termine (OMT), posto che ciò non metta a rischio la sostenibilità di bilancio nel medio termine». Se quello che stiamo vivendo non è un “periodo” che solleciti l’applicazione di questa clausola, quale mai lo sarà? Fino a qui però, siamo nel contesto della “eccezione”; del “temporaneo”.
Dunque, della emergenza che reclama rimozione dei vincoli per gli Stati membri. Benissimo. Ma i bilanci degli Stati membri sono diversi: ammesso che tutti usino lo spazio fiscale che hanno (e lo faranno, tutti. Oh, se lo faranno…), il motore così alimentato (ed aiutato dalla politica monetaria – anche selettivamente – ultraespansiva) non avrebbe la potenza di traino necessaria per uscire dal pantano della crisi. E, soprattutto, sarebbe un motore che fornisce una spinta asimmetrica, mentre nel pantano della crisi ci sono tutti gli Stati membri.
Tutt’altra cosa se l’attivazione della clausola sospensiva è da intendersi come la prima, indispensabile scelta sulla strada che conduce l’Area dell’euro a dotarsi di un suo bilancio. Altro che dilemma su cui è bloccato il Bilancio dell’Unione: l’1% del Pil dell’Unione o l’1,..? No, si deve trattare di quel Bilancio dell’Euroarea – uscite proprie ed entrate proprie- che può finalmente far camminare “mano nella mano” la politica monetaria e quella fiscale, altrimenti destinate a neutralizzarsi (quando va bene), o ad ostacolarsi (quasi sempre) reciprocamente.
Nel giugno del 2018, a Meseberg, Merkel e Macron sostennero di comune accordo «l’istituzione del Bilancio dell’Eurozona. Per la competitività, la convergenza, la stabilizzazione, a partire dal 2021» (dal comunicato finale). Allora, fu il governo italiano Conte 1º a mandare tutto all’aria, inseguendo la sua propaganda sull’immigrazione e la Legge di bilancio balconara. Adesso, molto opportunamente, è lo stesso Conte – a capo di un diverso Governo – a proporre che il Mes emetta titoli di debito per finanziare gli interventi europei nella crisi coronavirus.
È un bel cambiamento. Non credo che lo specifico strumento del Mes sia quello giusto, per la crisi che abbiamo di fronte: concepito per fare fronte a crisi del debito di singoli Paesi, esso si trascina dietro un complesso sistema di governance e di condizionalità, che lo rendono poco adatto a essere impiegato per la gestione di una crisi economica generalizzata. E l’esigenza di modificarne profondamente le regole crea più problemi (politici) di quanti ne risolva.
Ma il problema non è lo strumento tecnico: il nodo da sciogliere è quello che apre o chiude la porta della politica fiscale dell’Euroarea. Se c’è la volontà politica di aggredirlo, si troverà certamente la soluzione adeguata: in ultima analisi, dovranno essere le entrate proprie dell’Euroarea a garantire i debiti accesi sul merito di credito dell’Area stessa, non dei singoli stati. Non potrà trattarsi in nessun caso dei debiti contratti dagli stati membri in passato.
Quelli, dovranno essere ripagati da ciascuno, senza eccezioni e furbizie. In questo senso, l’Italia deve dimostrare consapevolezza degli errori compiuti in passato (che spiegano la diffusa diffidenza nei nostri confronti), ma anche assoluta determinazione nel perseguire le scelte che sono indispensabili, nell’interesse di tutti i cittadini europei.
Due iniziative politiche potrebbero servire, a questo scopo: il voto del Parlamento per ratificare il trattato sul “nuovo” Mes e l’approvazione di una mozione parlamentare che, impegnando il governo a compiere ogni sforzo per decidere, con gli altri partner dell’euro, per la creazione di un Bilancio dell’Euroarea, affermi solennemente che esso non deve essere rivolto a mettere in comune i debiti passati (quelli, sappiamo di averli usati male e di doverli pagare noi), ma a fare insieme investimenti sul futuro comune.
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