Papa Francesco giovedì è stato chiaro, preciso, efficace.
Parlando alla Congregazione per la Dottrina della Fede ha delineato le linee guida di una società civile.«Una società merita la qualifica di “civile” se sviluppa gli anticorpi contro la cultura dello scarto; se riconosce il valore intangibile della vita umana; se la solidarietà è fattivamente praticata e salvaguardata come fondamento della convivenza». Per dare sostanza ed efficacia pratica alla sua dichiarazione di principio, è andato al fondo della questione: è importante prendersi cura dei malati, stare vicini per davvero alle persone che soffrono. Ed è entrato nella importante questione delle cure palliative e degli hospice come strutture di vicinanza, compassione, solidarietà.

«Senza la compassione, ha detto il Papa, chi guarda non rimane implicato in ciò che osserva e passa oltre; invece chi ha il cuore compassionevole viene toccato e coinvolto, si ferma e se ne prende cura. Attorno al malato occorre creare una vera e propria piattaforma umana di relazioni che, mentre favoriscono la cura medica, aprano alla speranza, specialmente in quelle situazioni-limite in cui il male fisico si accompagna allo sconforto emotivo e all’angoscia spirituale. L’approccio relazionale − e non meramente clinico − con il malato, considerato nella unicità e integralità della sua persona, impone il dovere di non abbandonare mai nessuno in presenza di mali inguaribili. La vita umana, a motivo della sua destinazione eterna, conserva tutto il suo valore e tutta la sua dignità in qualsiasi condizione, anche di precarietà e fragilità, e come tale è sempre degna della massima considerazione. (…) A tale riguardo, penso a quanto bene fanno gli hospice per le cure palliative, dove i malati terminali vengono accompagnati con un qualificato sostegno medico, psicologico e spirituale, perché possano vivere con dignità, confortati dalla vicinanza delle persone care, la fase finale della loro vita terrena. Auspico che tali centri continuino a essere luoghi nei quali si pratichi con impegno la “terapia della dignità”, alimentando così l’amore e il rispetto per la vita».

Straordinario come Papa Francesco abbia ritenuto centrale questo aspetto che conosce molto bene, tanto da avere dato uno specifico incarico alla Pontificia Accademia per la Vita nel 2015: «Le cure palliative valorizzano la persona. Esorto tutti coloro che, a diverso titolo, sono impegnati nel campo delle cure palliative, a praticare questo impegno conservando integro lo spirito di servizio e ricordando che ogni conoscenza medica è davvero scienza, nel suo significato più nobile, solo se si pone come ausilio in vista del bene dell’uomo, un bene che non si raggiunge mai “contro” la sua vita e la sua dignità».

La sollecitazione di cinque anni fa ci ha spinto a percorrere una strada impegnativa e assieme entusiasmante: promuovere ovunque nel mondo una cultura delle Cure Palliative e non solo all’interno delle comunità dei credenti. La Pontificia Accademia per la Vita ha realizzato diversi Congressi su questo tema in Italia, Europa, Stati Uniti, Brasile, Libano, Rwanda, Qatar. E debbo ricordare il Position Paper sui temi del fine vita e delle Cure Palliative, firmato proprio in Vaticano il 28 ottobre scorso con i rappresentanti delle tre Religioni abramitiche, intitolato: No all’eutanasia, Sì alle Cure Palliative.

Insieme poi abbiamo consegnato la Dichiarazione a Papa Francesco, ben felice di poter apprezzare come davanti a persone che vivono la fragilità e la malattia si possano creare occasioni di dialogo e aiuto reciproco e non continue contrapposizioni che danneggiano innanzitutto le persone ammalate e fragili. Le tre religioni abramitiche offrono e ricordano la possibilità di intuire un senso capace di traversare anche il momento sempre oscuro e minaccioso della morte stessa verso un’esistenza che non conosce termine. Ricordando sempre che non siamo al mondo per avere la salute ma che desideriamo la salute per realizzare un progetto di vita: le religioni desiderano aiutare in questa direzione.