Forza Italia anche in Campania ha imboccato l’ultimo tornante della sua corsa politica. Una curva che prima o poi tutti i partiti personali e marcatamente leaderizzati sono obbligati a prendere. Alzando il piede dal freno, perché al termine di questa variante non ci sarà altro asfalto per rilanciare la sfida, ma solo lo scasso, ovvero quello spazio cimiteriale dove abbandonare le vecchie automobili con l’artrosi reumatoide fin dentro i cilindri. Forza Italia ha segnato nel bene e nel male circa un trentennio della politica nazionale e non di meno di quella regionale, raccogliendo proprio qui percentuali di voto sempre più lusinghiere rispetto ad altre città e provincie dello Stivale.

A Napoli Silvio Berlusconi, per consuetudine – alcuni direbbero per scaramanzia – ma anche per cavare dalla vena aurifera del consenso personale il massimo che si poteva, ha concluso quasi tutti i suoi spettacolari tour elettorali. Un tributo popolare al leader azzurro, in primis, e di rimando al simbolo tricolore del partito che ha fatto crescere in questi anni una classe politica ampia ed eterogenea, che ha poi ricoperto ruoli istituzionali di primissimo piano nel Paese. Ecco, Forza Italia ha offerto a molti, anche in questa regione, l’opportunità di spiccare il volo, a volte adottando dei criteri di selezione del personale politico da candidare o da nominare più consoni a un talent televisivo che a un partito politico. Cosa, peraltro, che Forza Italia non è mai stato per scelta e per organizzazione.

Tra i tanti partiti e partitini personali che si sono affacciati sulla scena politica dopo l’implosione delle formazioni novecentesche, Forza Italia è di certo quello più longevo e maggiormente premiato dalle urne. Nelle elezioni europee del 1999, giusto per ricordare qualche numero, il partito azzurro incassava in Campania una percentuale del 25,26% di consenso, l’anno successivo, in occasione delle regionali quando il centro-sinistra candidava a presidente Antonio Bassolino, che si presentava con il vento in poppa dei suoi due mandati da sindaco di Napoli, glorificati da buona parte della stampa nazionale, Forza Italia raccoglieva una percentuale vicina al 21%, mentre nelle politiche del 2001 la quota di consenso ottenuta dagli azzurri alla Camera era del 35,82%. La fuga di voti, dirigenti e amministratori locali però parte da lontano e non è certo cominciata negli ultimi anni o coincisa con gli abbandoni clamorosi di storici esponenti della galassia berlusconiana.

Le ultime performance elettorali sono solo il sintomo e non la causa di un declino che può coincidere con la fine anticipata, nel 2011, del governo Berlusconi IV, che prese il via tre anni prima. Alle regionali del 2015 Forza Italia, seppur perdendo circa 5 punti percentuali rispetto alla tornata precedente, ottiene ancora un discreto 17%, una quota che cala al 9,61% alle comunali napoletane dell’anno seguente, che segna anche per la prima volta dalla sua comparsa il record negativo di scendere sotto la soglia della doppia cifra. Così alle regionali del 2020, tra mille difficoltà nel comporre le liste e con l’acuirsi della conflittualità interna, il partito si ferma di poco sopra il 5% e non migliora l’anno scorso con le elezioni comunali dove il 6,63% viene accolto dai dirigenti azzurri con uno straniante entusiasmo.

La progressiva perdita di appeal elettorale, nonostante gli sforzi del Cavaliere di replicare le consunte strategie che in passato avevano gonfiate le urne, è coincisa con una continua e logorante lotta intestina tra gruppi dirigenti sempre più ristretti e auto-referenziali, pronti a difendere le rispettive posizioni personali nei tanti sotto-cerchi magici della corte berlusconiana. Gli ultimi addii, in ordine di tempo quelli di Mara Carfagna e Stefano Caldoro, raccontano di un partito sempre più in bilico, ormai pronto a consegnarsi nelle mani del notaio che dovrà dichiararne la fine politica. In trent’anni, dal 1993 a oggi, il destino è compiuto: da Forza Italia a Forse Italia.

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Domenico Giordano è spin doctor per Arcadia, agenzia di comunicazione di cui è anche amministratore. Collabora con diverse testate giornalistiche sempre sui temi della comunicazione politica e delle analisi degli insight dei social e della rete. È socio dell’Associazione Italiana di Comunicazione Politica. Quest'anno ha pubblicato "La Regina della Rete, le origini del successo digitale di Giorgia Meloni (Graus Edizioni 2023).