Il mio viaggio in Kosovo mi ha aiutato a capire quanto lo sguardo dell’Unione europea si fermi in superficie. Il venerdì ho potuto incontrare una cara amica, per fare il punto sulla situazione politica attuale e per goderci una cena tipica. È stato il preludio per una mia prima intervista durante il telegiornale serale del RTK, canale ufficiale kosovaro, per spiegare la posizione del Kosovo e le sue prospettive. La mia posizione era che il dialogo con la Serbia è sostanzialmente morto, anche a causa dell’incapacità dell’Unione europea di agire come un mediatore neutrale. Il sabato è cominciato con una colazione con due amici e poi con la visita di Mitrovica, al Nord: impressionante. Mitrovica è la città divisa da un ponte: da una parte ci sono i kosovari albanesi, dall’altra i kosovari serbi. In realtà i problemi seri del Kosovo del Nord, a Mitrovica e negli altri tre Comuni a maggioranza serba, non è rappresentato dal governo del Kosovo, quanto dal governo della Serbia che destabilizza attraverso continue interferenze. Le persone che mi hanno accompagnata mi hanno raccontato dell’attacco terroristico a Banjska nel mese di settembre, della mancata reazione dell’Unione europea, del fatto che il responsabile è ancora a piede libero. Non possiamo chiedere che i paesi che vogliono entrare nell’UE rispettino lo stato di diritto per poi rimanere in silenzio quando la Serbia interferisce negli affari del Kosovo usando metodi terroristici. Tuttavia la situazione nel Nord del Kosovo non è affatto come la descrivono determinati giornalisti o politici. È molto calma, per quanto ho potuto constatare di persona; Kosovari serbi e albanesi vogliono essere integrati e hanno cominciato a denunciare crimini serbi – è un ottimo segno perché vuol dire che si fidano della polizia kosovara. Questa è integrazione, l’Unione europea dovrebbe premiare questi tentativi.

Dopo questa immersione nel Nord siamo tornati a sud, a Gjlan, a incontrare un’amica. Dopo una cena con discussioni interessanti, sono poi tornata a Prishtina.

Ma i miei incontri non sono terminati qui: domenica mattina ho avuto un’opportunità unica. Ho potuto parlare con un membro della NATO (KFOR, l’operazione in Kosovo). Il tema principale è stato quello della sicurezza del paese, e la riflessione sullo stato attuale tra Kosovo e Serbia. In ogni caso, molto preoccupante, anche in questo caso, l’assenza dell’Unione europea in questo contesto. Ho avuto modo di approfondire discutendo con un professore che durante la guerra ha combattuto e che oggi si impegna a far conoscere i crimini serbi in Kosovo. Siamo arrivati alla conclusione che ad oggi il primo ministro Albin Kurti è l’unico politico capace di gestire la situazione attuale. Domenica verso pranzo sono partita con un’altra amica alla volta di Prizren, città con influenza turca-ottomana e vicina alla minoranza bosgnacca (che esiste anche in Kosovo). Ho avuto la fortuna di avere una guida fantastica (un amico che ha sempre vissuto lì). Dopo la visita della città ho incontrato un altro amico con il quale è continuata la discussione della situazione politica.

Tornando a Prishtina ho incontrato una ragazza che fa parte del mio gruppo “United for Kosova and Bosnia and Herzegovina”, gruppo che ha come scopo principale quello di riuscire a comunicare le realtà dei fatti di questi due paesi in Unione europea e di rafforzare il loro percorso di integrazione europea. Abbiamo deciso di organizzare varie attività durante i prossimi mesi e ci siamo confrontate sulla loro programmazione. La sera ho avuto altri due incontri con amiche che hanno sottolineato che per loro avere un primo ministro che difenda la sovranità del paese è fondamentale.

Questo viaggio mi ha aiutata ad andare più in profondità. Si è molto rafforzata la mia sensazione che l’Unione europea stia seguendo la propaganda serba e non tenga conto della situazione sul terreno. Il lunedì mattina ho avuto l’opportunità di incontrare il viceministro della giustizia. Abbiamo parlato di questioni politiche e della mancanza di conoscenza a Bruxelles sul Kosovo. Subito dopo ho parlato con il ministro dello sviluppo locale, che ha potuto chiarirmi a che punto si trova l’integrazione delle minoranze; la loro situazione è molto positiva. Le minoranze sono tutelate da numerosi diritti, ed esiste un dialogo serio tra le varie comunità ed il governo. Il Kosovo è sulla strada giusta. Ha però bisogno del sostegno internazionale. Per il Kosovo ci sarà un’ulteriore sfida, le elezioni a fine 2024. Ma per il momento sembra che il partito di Albin Kurti, Vetëvendosje, otterrà un buon risultato. Questo rappresenta l’interesse dell’Unione europea: avere un leader incorruttibile ed europeista come primo ministro può essere visto solo positivamente.

Questo viaggio mi ha dato la certezza che, sostenendo il Kosovo, sto facendo la cosa giusta.

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Nata a Trento, laureata in Scienze Politiche all’Universitá di Innsbruck, ho due master in Studi Europei (Freie Universität Berlin e College of Europe Natolin) con una specializzazione in Storia europea e una tesi di laurea sui crimini di guerra ed elaborazione del passato in Germania e in Bosnia ed Erzegovina. Sono appassionata dei Balcani e della Bosnia ed Erzegovina in particolare, dove ho vissuto sei mesi e anche imparato il bosniaco.