Si possono scrivere diversi generi di libri d’amore e i più interessanti, e anche conturbanti, nascono dalle scritture che apparentemente non parlano d’amore. Questo è il caso dell’originale libro – per tema, struttura, finale sorprendente – del professore siciliano Ivo Flavio Abela (Soggiorno a Optina. Discesa nell’anima russa, Castelvecchi, pp.337, euro 25). Libro d’amore per la Russia, per la sua storia che è intessuta di sangue e mistica, di fede e sforzo massiccio di eradicarla, di pensiero capace di illuminare romanzi, poemi e musica, sempre e totalmente non meno che sconquassanti.

L’io narrante inizia un diario che è occasione di incontro polifonico: a quella contemporanea del pellegrino italiano presso il glorioso monastero ortodosso di Optina, nella Pasqua del 1993, si intreccia la voce dello ieromonaco Vasilij, che in quei giorni di visita al viandante farà da guida (in una misura metafisica e commovente che ci sarà chiara solo alla fine della “discesa”), e a questa si unisce la presenza narrante addirittura di Lev Tolstoj, che a Optina soggiornò più volte, l’ultima delle quali durante quella fuga da casa che lo condusse poi a morire nella stazione di Astapovo. Attraverso un ordito fitto di rimandi che non segue uno schema razionale ma piuttosto è mosso dalla sonda della memoria, Optina si fa luogo di rifrazione di una bellezza densa, pensosa, portatrice del tormento e dell’estasi che animarono la vita e le opere di Gogol’, Dostoevskij, Tolstoj.

Il rigore documentario è qui filologico e consentirà al lettore, anche a quello meno avveduto di cose russe e/o spirituali, di apprendere tanto e facilmente, grazie a un modo di porgere la frase, l’aneddoto, la riflessione sempre chiaro e disteso, spesso affettuosamente ironico: come accade per i modi di leggere e intendere le icone russe e greche (a noi, turisti inconsapevoli di monasteri ortodossi, sarà dato di cogliere l’afflato cosmico che abita, per esempio, l’icona della Trinità di Rublëv). Così, il lettore di questo viaggio nell’anima russa riuscirà a inquadrare compiutamente la temperie culturale del monachesimo ortodosso e l’importanza della figura degli starcy: potrete rileggere con sguardo rinnovato le pagine potenti che Dostoevskij dedica allo starec Zosima ne I Fratelli Karamazov, frutto di un suo doloroso pellegrinaggio a Optina, quando il suo bambino, Aleksej, muore lasciandolo in preda alla disperazione.

E alla stessa funzione allo stesso tempo didattica, formativa e narrativa assolvono le pagine dedicate alla famiglia dell’ultimo zar di Russia, Nicola II, alla sua figura nobile e delicata, al fascino dolente delle principesse e dell’unico maschio, lo zarevic Aleksej. Sono soltanto esempi di un testo straordinariamente generoso a beneficio, soprattutto, di un lettore odierno che, forse, sente il bisogno, spesso inconsapevole, di immergersi in rigorosi e amorevoli esercizi di memoria, da un lato, e di toccare la luce abbagliante di percorsi spirituali dimenticati, dall’altro. Solo un uomo del Sud come l’autore di questo Soggiorno a Optina poteva lasciarsi attraversare le viscere, con tale grado di intensità e studio, dall’anima russa e dalla sua folle ricerca di Dio: qui, ora, in mezzo a noi.