Nel Si&No del Riformista spazio al dibattito sulle parole di Paola Cortellesi all’inaugurazione dell’anno accademico all’università Luiss Guido Carli. Discorso sulle fiabe sessiste, giuste le parole dell’attrice?Favorevole la scrittrice Sabrina Carollo, secondo la quale “non si tratta di cancel culture ma semplice crescita e cambiamento vitale”. Contrario Andrea Ruggieri, secondo il quale “è solo un sermone del politicamente corretto: giù le mani dalle fiabe”.

Qui il commento di Sabrina Carollo:

Ora che siamo moderni lo chiamiamo storytelling. Prima era semplicemente la narrativa, il percorso di spiegazione a parole di un evento, un’azienda, una persona. Raccontare qualcosa significa definirlo: non serve scomodare i padri della psicanalisi per sapere che il modo in cui una persona o un evento vengono raccontati ne costruisce la realtà e ne modifica le sorti.

Cambiare la narrativa, lo storytelling, significa cambiare la percezione che se ne ha; significa cambiare il percorso mentale e di conseguenza quello fisico, quello delle azioni quotidiane, di persone e intere società. Per questo l’intervento dell’attrice e regista Paola Cortellesi all’università Luiss Guido Carli, dove ha inaugurato l’anno accademico 2023-2024 con un monologo dedicato al sessismo insito nelle favole, ha un significato importante.

Non è il primo monologo che l’intelligente Cortellesi offre al pubblico per riflettere sul ruolo della donna: quello di questa volta è dedicato a come le favole nascondano – ma soprattutto trasmettano – stereotipi fastidiosi: si sorride alla battuta secondo cui Biancaneve era la colf dei sette nani, o a quella per cui il principe deve usare una scarpetta per individuare cenerentola anziché guardarla in faccia, ma a denti stretti. Perché la verità che sostiene Cortellesi è un dato di fatto che le donne conoscono bene: il vestito ritagliato dalle favole per il genere femminile è troppo stretto, troppo corto. Curioso come, nonostante Freud e Jung fossero uomini, il loro lavoro sull’inconscio abbia attecchito più sulle donne che sui maschi, che ancora sono grandemente refrattari a capire come l’inconscio e gli schemi mentali che assorbiamo da bambini giochino un ruolo fondamentale nei nostri comportamenti attivi di adulti.

Non si tratta di cancel culture, che comunque avrebbe diritto a largo spazio di discussione. Questa è semplice crescita, è cambiamento vitale. Lo stesso che ha portato a togliere i corsetti, a far studiare, a riconoscere diritti, a raggiungere obiettivi. Non solo alle donne, ma a tutte quelle minoranze che devono uscire da quell’armatura pesantissima che il pensiero standardizzato ha conformato nel tempo. Modificare le fiabe? Non solo si può, ma si deve. Certo, ci si muove sulle sabbie mobili del buon senso, per cui il lupo di cappuccetto rosso per qualcuno è mal rappresentato, poverino, e dovrebbe essere sostituito da un altro animale per salvare la categoria, senza cogliere che l’importanza sta nella metafora e che è ormai assodato come l’animale più feroce al mondo sia l’uomo. Ma è innegabile che nelle favole si annidino pericolosi stereotipi di genere che vanno smascherati e codificati per quello che sono.

A voler essere positivi e fiduciosi, non si tratta di malevole costruzioni tese a sottomettere la donna volutamente, ma magari semplice frutto di comode abitudini che hanno visto nell’elemento femminile un rifugio sicuro, una figura angelica che deve compiacere l’uomo, aspettare che lui la salvi, nel segno di un lieto fine che è sempre e solo il matrimonio. Sta di fatto che Cenerentola, Biancaneve, la bella addormentata nel bosco, Pelle d’asino, la principessa sul pisello ma anche la fata madrina di Pinocchio costituiscono una schiera di fanciulle celestiali, naturalmente tutte bellissime, dalle qualità umane che ne fanno modelli di semplicità, umiltà e sottomissione, in attesa del principe che le scelga, le salvi, le svegli, addirittura che le riporti indietro dalla morte per essere mogli e madri devote. Chi prova a uscire dagli schemi, come la sposa di Barbablù o come la ribelle cappuccetto rosso, può solo fare una brutta fine.

Non solo a Paola Cortellesi è concesso irridere gli schemi sessisti delle fiabe perché, anche senza essere completamente d’accordo con Ricky Gervais, l’ironia garbata è sempre ammessa, ma anche perché le fiabe sono un modello che arriva implicitamente a tutti nel momento più delicato, quello dell’infanzia, quando idee e schemi mentali prendono forma per poi guidare la visione del mondo. Cambiare quelle idee significa cambiare il mondo. Per questo noi preferiamo le “Storie della buonanotte per bambine ribelli”, “Le principesse che fanno le puzzette”, “Storie di donne coraggiose”, “Poesie per ragazze di grazia e di fuoco”.