Il post dai toni apocalittici poi rimosso
Dugin contro Putin, il mistero del post dopo la ritirata dei russi da Kherson: “Paga con la vita il sovrano che non ci salva”, poi la smentita
Mentre l’esercito di Kiev entrava a Kherson dopo il ritiro dei soldati russi da una delle città chiave nel conflitto e nelle strade impazzava la festa, sui social compariva un misterioso post di Alexander Dugin, filosofo, esponente di spicco del nazionalismo russo, che puntava il dito contro il presidente Putin. Un post dai toni apocalittici che evoca la destituzione del Presidente russo, avvertendo che il ritiro da Kherson, in Ucraina, è “l’ultimo possibile” e che in caso di nuove battute d’arresto militari, chi è al potere deve essere eliminato. Dopo circa 36 ore ha però smentito il Post che nel frattempo è scomparso dalla piattaforma di messaggistica. Ma non sarebbe comunque l’unico segno di insofferenza verso il presidente russo da parte dei suoi fedelissimi.
Dugin ha perso la figlia in un clamoroso attentato organizzato, secondo quanto riportato dal New York Times, da elementi dell’intelligence ucraina, è considerato l’ideologo di Putin. Su un lungo post su Telegram ha scritto che in una autocrazia “diamo al sovrano pienezza assoluta dei poteri per salvarci tutti”, quindi “pieni poteri in caso di successo, ma anche totalità delle responsabilità in caso di fallimento“. Lo riferisce il Mirror, aggiungendo che in seguito il post (di 2 giorni fa) è stato rimosso. “Niente contro Surovikin“, ossia il capo delle operazioni militari in Ucraina che avrebbe materialmente dato il via alla ritirata. “Il colpo non è diretto a lui. È un colpo per voi-sapete-chi”, ha aggiunto Dugin riferendosi al presidente russo, che dovrebbe pagare anche con la vita.
Nel lunghissimo post su Telegram Dugin, utilizza toni accorati dopo il ritiro di Kherson. “Una città russa, capitale di una regione, si è arresa, è stata consegnata”, ed ora i “russi piangono e soffrono”, scrive. E per indicare il responsabile di tale fallimento, Dugin fa una riflessione sul potere russo, in cui al “sovrano viene dato potere assoluto per salvarci tutti in un momento critico”. E “se per farlo si circonda di schifezze o sputa sulla giustizia sociale, è spiacevole, ma è giustificato per salvarci”. Al contrario, “se non ci salva, il suo destino è quello del Re della pioggia”, ossia essere ucciso, aggiunge Dugin, citando un saggio dell’antropologo e storico delle religioni scozzese James Frazer.
Il malumore dei fedelissimi di Putin di fronte alla ritirata da Kherson non è visibile solo attraverso il post rimosso di Dugin. Anche Vladimir Solovyov, uno dei principali megafoni della propaganda russa, ha detto in tv che “la Russia ha bisogno di un esercito più grande, in grado di sostenere una guerra a tutto campo in Europa”. Non solo: chiede che i “gravi problemi” insorti nell’operazione militare, “ormai in stallo”, vengano “risolti con il pugno di ferro”, e che gli obiettivi originari devono rimanere gli stessi.
Dopo 36 ore dal post scomparso Dugin sembra fare totale marcia indietro: “L’Occidente sta iniziando a mandare in onda la finzione secondo cui io e i patrioti russi ci saremmo rivoltati contro Putin dopo la resa di Kherson e che presumibilmente ne stiamo chiedendo il rovesciamento. Questo non viene da nessuna parte e si basa su un mio messaggio che avrei presumibilmente cancellato. Ovviamente nessuno ci crederà, ma per ogni evenienza: nessuno ha voltato le spalle a Putin, io e tutti i patrioti russi lo supportiamo incondizionatamente”, recita il lungo comunicato di Dugin su Telegram. “Il dolore per la perdita di Kherson è una cosa – aggiunge – l’atteggiamento verso il comandante in capo è un’altra. Siamo fedeli a Putin e sosteniamo fino alla fine l’operazione militare speciale della Russia”.
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