Omertà. Anche se hai 16 anni e a morire ammazzato è il tuo fidanzato. Omertà anche se sei l’unica testimone oculare perché eri in auto con lui quando il killer ha sparato. Killer che riconosci perché non indossava il casco. Omertà imposta da tua madre per evitare guai e non piangere altri morti ma soprattutto perché hai parenti malavitosi e non puoi metterli in difficoltà con il resto del “sistema”. E’ quanto emerge nell’ordinanza che ha portato all’arresto del presunto mandante e del presunto esecutore materiale dell’omicidio di Emanuele Durante, ucciso a 20 anni il 15 marzo 2025 in via Santa Teresa degli Scalzi nel centro di Napoli con il killer che cinque giorni dopo si sposa. Ucciso perché – secondo la ricostruzione degli inquirenti – bisognava punire qualcuno dopo l’omicidio, avvenuto il 24 ottobre 2024, del 15enne Emanuele Tufano, raggiunto da un proiettile alla schiena durante una vera e propria guerriglia che ha coinvolto due paranze di giovani, una proveniente dal Rione Sanità, l’altra da piazza Mercato. Un proiettile partito dalla pistola di un componente, non ancora identificato, del suo stesso gruppo.

Due paranze che secondo il procuratore Nicola Gratteri non andrebbero così definite perché “significherebbe che non esiste il clan Mazzarella o gli altri clan. Qui parliamo di qualcosa di strutturato, di organizzato e deciso, non c’è nulla di estemporaneo. Non entriamo nella narrazione di colore che piace tanto a certa saggistica”. Secondo Gratteri tutto sarebbe camorra perché “la giovane età non deve trarre in inganno se 6 moto con 12 persone a bordo partono da un territorio nel quale sappiamo che c’è un’associazione camorristica (il clan Sequino-Pellecchia nel Rione Sanità, ndr), e si spostano su un territorio che, è giudiziariamente conclamato, è nel controllo della famiglia Mazzarella, parliamo di un esercito, di qualcosa non estemporaneo ma organizzato e deciso. Dobbiamo considerarla un’azione di sfida sul piano camorristico, altrimenti abbiamo sbagliato imputazione. Stiamo ai fatti”.

Perché è stato ucciso Durante: bisognava punire qualcuno…

Stando ai fatti, Emanuele Durante sarebbe stato ucciso per vendicare la morte di Tufano, incensurato e imparentato, per via materna, con la famiglia Pellecchia che porta avanti quel che resta del clan Sequino. La decisione sarebbe stata presa dal cugino di primo grado della vittima, scarcerato a fine gennaio. Le ragioni non sono state cristallizzate appieno nelle indagini, emerge solo che Salvatore Pellecchia, 26 anni, avrebbe avviato una vera e propria ‘indagine’ per capire cosa fosse accaduto la notte del 24 ottobre scorso, salvo poi decidere di eliminare Durante sul quale gravavano diversi dubbi: dalla versione poco convincente fornita nei precedenti ‘interrogatori’ al sospetto di avere rapporti e frequentazioni con “quelli di piazza Mercato”. Sostanzialmente, però, andava mandato un segnale per vendicare la morte di un familiare e per restituire credibilità al clan.

L’omertà della fidanzata di Durante: vede killer ma tace su ordine della madre

Dinamiche perverse a parte, è ancor più raccapricciante l’atteggiamento omertoso adottato dalla fidanzata e dai familiari di quest’ultima. Si tratta di una ragazzina di appena 16 anni che subito dopo il ferimento del fidanzato ha bloccato la Smart con il freno a mano per evitare che impattasse con altre vetture, è scesa in strada per chiedere aiuto (Durante morirà in ospedale dove verrà portato in ospedale da un uomo di passaggio) e si è preoccupata di far sparire il cellulare del fidanzato per cancellare eventuali tracce compromettenti: ai carabinieri dirà che Emanuele l’aveva dimenticato a casa. Poi una volta in ospedale riferisce al fratello e alla sorella di Durante e alla madre dei due (la donna è la compagna del papà di Durante), di aver riconosciuto uno dei due killer, mostrando anche la foto presa da Instagram.

Invitata a raccontare tutto ai carabinieri, la 16enne, su consiglio della madre, fa scena muta, riferisce cosa è accaduto ma non fornisce elementi utili all’identificazione del commando. Nella sala d’attesa della caserma dei carabinieri, è la madre a ricordarle di non dire nulla per evitare problemi con il “sistema” di cui alcuni suoi stretti parenti (la famiglia Pirozzi) farebbero parte. Lo stesso cellulare di Durante era stato inizialmente consegnato ai parenti malavitosi per analizzarlo ma aveva un doppio pin di accesso ed è stato sbloccato solo successivamente da un perito.

Sono i familiari di Durante a spiegare ai militari dell’Arma il particolare, fornendo il nome del presunto killer, poi identificato successivamente dai carabinieri grazie alla visione delle telecamere di videosorveglianza presenti nella zona. Si tratta di Alex Babalyan, 25enne nato in Russia ma cresciuto a Napoli. Era in sella allo scooter guidato da un altro uomo (al momento a piede libero perché per la Gip Federica Colucci non ci sono prove a sufficienza per la sua identificazione) e aveva il volto scoperto: non indossava il casco ma un cappello poi perso durante la fuga. Cinque giorni dopo l’omicidio, “Alex il polacco” si è sposato. Oggi è stato arrestato insieme al cugino di Tufano, Salvatore Pellecchia.

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Giornalista professionista, nato a Napoli il 28 luglio 1987, ho iniziato a scrivere di sport prima di passare, dal 2015, a occuparmi principalmente di cronaca. Laureato in Scienze della Comunicazione al Suor Orsola Benincasa, ho frequentato la scuola di giornalismo e, nel frattempo, collaborato con diverse testate. Dopo le esperienze a Sky Sport e Mediaset, sono passato a Retenews24 e poi a VocediNapoli.it. Dall'ottobre del 2019 collaboro con la redazione del Riformista.