«Se la Corte Costituzionale sostiene che la liberazione condizionale e la rieducazione devono poter essere concesse a tutti, perfino agli ergastolani mafiosi che non collaborano con la giustizia, allora dobbiamo fare in modo che nessuno possa ottenerle». È il “ragionamento” che è evidentemente prevalso in Commissione giustizia ed in ragione del quale i nostri deputati, invece di risolvere i profili di incostituzionalità della disciplina dell’ergastolo ostativo, riescono, deliberatamente, ad aggravarli. In effetti il concetto di “giustizia” sembra poco chiaro all’omonima Commissione, presieduta da un esponente di quel Movimento 5 stelle che quotidianamente prende pubblicamente le dovute distanze da coloro che si sono distinti per aver assunto posizioni “garantiste”, ergo rigorosamente conformi al dettato costituzionale, al punto da farne motivo di doglianza in occasione della recente nomina di Carlo Renoldi quale capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria.

A nulla sono valse anche le parole del presidente dell’Anm, Giuseppe Santalucia che, nel corso delle audizioni parlamentari, aveva rappresentato che non si può gravare il detenuto non collaborante, proprio per un profilo costituzionale, dell’onere di provare l’assenza dell’attualità dei collegamenti con la criminalità organizzata... l’onere della prova non grava mai sul soggetto, semmai sull’autorità pubblica, ma non sul privato, sull’indagato, sull’imputato e sul condannato. Il testo di legge proposto al Parlamento prevede esattamente il contrario, ovvero che deve essere l’ergastolano a fornire le prove della mancanza di attualità di collegamenti con la criminalità organizzata. L’obiettivo di impedire agli ergastolani di fuoriuscire dal carcere si introduce nel sistema normativo prevedendo che sia l’ergastolano a doversi “dare da fare”, a compiere, dal carcere e nonostante il carcere, tutti gli accertamenti utili a dimostrare di essersi “scollegato” dal mondo mafioso. Un onere non solo incostituzionale ma evidentemente diabolico: provare che non esiste un fatto (il collegamento con la criminalità organizzata). Un illusionismo! L’ergastolano che non ha collaborato con la giustizia è costretto così ad avventurarsi in una “missione impossibile”: fare “l’investigatore dal carcere”.

Certo il tempo per apprendere il nuovo lavoro ed acquisirne le competenze non gli manca: gli vengono infatti concessi ben 30 anni! Eh già, perché il distintivo di detective non viene rilasciato subito. La nuova e “promettente” professione potrà avere inizio solo dopo 30 anni di detenzione. Un’eternità non lunga abbastanza. Un tempo “infinito” per prepararsi ad una sorta di gioco le cui chances di vittoria sono, però, quasi illusorie, (e chi ha inventato il gioco dell’investigatore in carcere lo sa bene); come quelle al Superenalotto dove, però, lo Stato vince, mentre, in questo gioco, lo Stato (quello di diritto) finisce inesorabilmente sconfitto. Una politica che crede fermamente nell’impossibilità dell’essere umano di redimersi è lontana anni luce dalla nostra Costituzione, che pure i nostri politici giurano di osservare lealmente. Non ci resta che confidare che a questo gioco di illusionismo non voglia mai partecipare la Corte Costituzionale che l’11 maggio 2022 non potrà che prendere atto di aver perso un anno per emettere quella sentenza demolitoria che, purtroppo, non emise nell’aprile 2021, risolvendo allora quel “problema strutturale” che la Corte EDU, nella sentenza Viola contro Italia, ha affermato esistere nell’ordinamento italiano.

La soluzione non può concedere cedimenti. Passa dalla consapevolezza dell’intangibilità, non solo in diritto ma anche in fatto, dei principi costituzionali posti a tutela della dignità della persona e della finalità rieducativa della pena, che non possono essere disconosciuti a nessuno, neppure all’autore di reati gravissimi. Una consapevolezza che evidentemente non appartiene al nostro attuale Legislatore che, dopo mesi di gestazione, ha partorito non una soluzione ma un’amplificazione del problema (eliminando finanche l’istituto della collaborazione impossibile o inesigibile), pur di perseguire il suo obiettivo: «Se la possibilità di uscire dal carcere devono poterla avere tutti, anche gli ergastolani, allora non dovrà averla nessuno».

 

Il Carcere Possibile

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