Il 29 settembre nel palazzo di giustizia di Parigi, superblindato a causa del processo per i fatti del Bataclan, riprendono anche le udienze in cui la corte d’Appello di Parigi dovrà decidere sulle richieste di estradizione formulate dalle autorità italiane a carico di dieci ex militanti di gruppi della lotta armata condannati per episodi relativi a quaranta, anche cinquanta anni fa.

Secondo Oreste Scalzone punto di riferimento dei rifugiati politici italiani in Francia «in ragione delle misure di sicurezza per l’attentato al Bataclan sarà non facile accedere all’aula dove verrà trattata la questione che riguarda i nostri compagni». Ma Scalzone ribadisce la necessità della mobilitazione e di essere presenti per solidarietà.
«L’operazione “Ombre Rosse” vuole inviare un pugno di esseri viventi umani in celle-tombe dell’esecuzione di condanne a morte lenta: crudeltà come fine. Chi intende giudicare e mandare è il Moloc che decreta l’orrido spettacolo geo-strategico-politico e la macelleria sociale in corso». Gli ex militanti erano stati fermati alla fine di aprile e quasi subito rimessi in libertà in attesa delle decisioni dei giudici alla fine di un iter che si annuncia lungo e complesso e che verrà successivamente valutato dal governo francese, al quale spetta l’ultima parola sulla consegna all’Italia.

Parliamo dei casi di Maurizio Di Marzio, Enzo Calvitti, Giovanni Alimonti, Roberta Cappelli, Marina Petrella, Sergio Tornaghi delle Brigate Rosse, Narciso Manenti dei Nuclei armati contro il potere territoriale, di Luigi Bergamin dei Proletari Armati per il comunismo, Raffaele Ventura condannato per l’omicidio del vicebrigadiere Custra e di Giorgio Pietrostefani condannato come mandante dell’uccisione del commissario Luigi Calabresi, datato 17 maggio 1972: mezzo secolo fa. Attualmente sono tutti in libertà con obblighi di firma da rispettare. Secondo Scalzone «il “Pubblico” è una parte del rito. Se mai nell’udienza del 29 settembre la Chambre dovesse comunicare di aver giudicato “ricevibili” le richieste di estradizione che in punto di diritto formale sono allucinanti, questo “pubblico” in aula o fuori, virtuale», deve farsi sentire. «Dai “Palazzi” devono già sentire voci, immaginarsi gesti, magari solo un digiunare, bruciare i propri documenti di identità, avanzare contro i lanciatori di flash-ball puntati. 29 settembre: esserci».

Secondo l’avvocato Giovanni Ceola, difensore di Bergamin, «non c’è da aspettarsi mercoledì prossimo decisioni importanti, dal momento che anche la procura generale aveva chiesto all’Italia di completare i dossier relativi ai singoli casi». Le condanne di Bergamin sono state dichiarate prescritte dalla corte d’Assise e dalla corte d’appello di Milano anche se pende il ricorso in Cassazione della procura. In Cassazione c’è anche il ricorso della difesa contro la dichiarazione di delinquenza abituale che secondo la procura potrebbe influire sull’estradizione.

Va ricordato che il 29 settembre sull’asse politico-giudiziario Italia Francia è fissata un’altra udienza, quella in cui la corte d’appello di Torino dovrà decidere se estradare o meno in Francia il militante NoTav Emilio Scalzo in relazione a scontri con la gendarmerie a Claviere. Infine la corte europea di Strasburgo, investita dalla giustizia francese, deve decidere sul caso di Vincenzo Vecchi condannato in Italia a 12 anni di reclusione per devastazione e saccheggio. L’Italia ne chiede l’estradizione, ma il reato non esiste nel codice francese. I giudici di Strasburgo sono chiamati a risolvere la questione che, come al solito, non è esclusivamente giuridica.