«C’è anche in programma una visita di Stato in Francia del presidente Sergio Mattarella e dovrebbe essere firmato il Trattato Quirinale per rafforzare i rapporti bilaterali. In questo contesto Macron potrebbe dare il via libera alle estradizioni chieste alla Francia dalla ministra Marta Cartabia nell’ultima riunione con il suo omologo francese». Intervistato da Repubblica lo scrittore francese Marc Lazar risponde alla domanda su un possibile cambiamento di linea del governo d’Oltralpe sulla presenza a Parigi di persone condannate in Italia per fatti di lotta armata. Lazar polemizza con gli intellettuali francesi che avevano nei giorni scorsi firmato un appello a favore della dottrina Mitterand «perché sul tema c’è ancora troppa ignoranza».

Eppure a proposito di cambiamenti di linea va registrato che Lazar dieci anni fa intervistato da Paolo Persichetti sul quotidiano Liberazione aveva detto: «Dopo la dietrologia e le commissioni parlamentari di inchiesta ora è il tempo degli storici». Quindi ora non sarebbe più il caso di storicizzare ma di consegnare all’Italia una dozzina di protagonisti di una stagione politica lontanissima e di portarli in carcere adesso che hanno tutti un’età più vicina agli 80 che ai 70.
Lazar aggiunge che dietro la scelta di Macron che lui ipotizza ci potrebbero essere anche ragioni di politica interna. «Forse lui pensa di lanciare un messaggio agli elettori di destra come sta facendo su altri temi come sicurezza e laicità. Macron è già in campagna per la sua rielezione e concentra la sua strategia su questo elettorato».

Lazar afferma che i suoi connazionali difensori dei rifugiati politici italiani «non prendono quasi mai in considerazione il punto di vista delle vittime del terrorismo». Dieci anni fa Lazar voleva affidare la questione agli storici mentre adesso invita a tener conto della posizione dei parenti delle vittime mostrando almeno un po’ di invidiare le repubbliche islamiche dove i familiari decidono anche le pene dei colpevoli. Lazar accusa gli intellettuali suoi connazionali di essere ideologici, ma anche lui non scherza. Anzi.

Il riferimento alla visita prossima di Mattarella a Parigi non è casuale. Il giorno del rientro in Italia di Cesare Battisti, aveva detto: «E adesso gli altri», parlando di altri condannati e rifugiati all’estero. Il presidente della Repubblica è un politico di grandissima esperienza. Non è un caso che insieme a Giorgio Napolitano suo predecessore al Quirinale abbia fatto prevalere le ragioni della politica firmando la grazia a cinque agenti della Cia condannati per il sequestro e le torture all’imam Abu Omar. In quel caso Mattarella mise in secondo piano gli anni di carcere da scontare. C’era di mezzo la ragion di Stato o meglio degli Stati perché dall’altra parte c’era il governo degli Stati Uniti d’America.

Per le vicende dei cosiddetti “anni di piombo” invece non sarebbe possibile una deroga, una soluzione politica, un provvedimento di amnistia che chiuda un periodo storico, come era scritto nell’appello degli intellettuali francesi che avevano sposato la proposta dell’avvocata Irene Terrel. Terrel aveva spiegato di trovare assurdo l’accanirsi e la vendetta a decenni di distanza. È pura ideologia in fondo anche il non voler prendere atto dell’impossibilità di una memoria condivisa. A Milano in piazza Fontana ci sono due lapidi. In una si legge che l’anarchico Pinelli morì innocente, nell’altra che venne ucciso. Una al fianco dell’altra. La storia la scrivono i vincitori ma gli sconfitti non sono obbligati a condividere.