Tra il 15 e il 17 settembre bisognerà scegliere il rettore che guiderà il più grande ateneo del Sud Italia: l’università Federico II. Ogni elettore si assumerà in quei giorni una grande responsabilità. È evidente, infatti, che in un sistema globale della formazione universitaria e in un quadro internazionale della ricerca, dove la competizione è sempre più spinta, un errore di scelta potrebbe determinare un arretramento dell’ateneo federiciano con gravi conseguenze per studenti, giovani ricercatori e territorio. Il pericolo non è di natura squisitamente teorica ma, al contrario, di una spietata concretezza.

Basti ricordare che, in un passato non lontano, così come accaduto anche ad altri atenei, abbiamo intravisto la possibilità di entrare in un processo regressivo, anche economico, con grave nocumento alla qualità della ricerca e alla attrattività della didattica. Le ultime governance dell’ateneo hanno lavorato molto e bene per evitare il problema, riuscendo tra mille difficoltà a far crescere il ranking scientifico, recuperando prestigio e autorevolezza nel panorama internazionale della ricerca e della formazione. La visione che ha ispirato questa azione si è basata su poche ma fondamentali parole chiave: merito, trasparenza, qualità, competenza. Anche avviando meccanismi nuovi di allocazione delle risorse umane e finanziarie, si è riusciti tra l’altro, a completare un’importante politica di arruolamento di giovani ricercatori e di progressioni di carriera, raggiungendo al contempo una stabilità finanziaria e riportando l’ateneo in quei parametri “virtuosi” che assicurano un pieno utilizzo delle risorse ministeriali.

Il ricordo del recente passato prova come il governo di un ateneo così grande come la Federico II sia estremamente delicato e complesso, e che basta poco per perdere il passo. Il rischio di recessione è sempre in agguato, quindi il programma e ancor più le competenze del rettore che lo realizzerà, insieme agli organi di governo, sono di estrema importanza. Indubbiamente il rettore Manfredi lascia, per molti aspetti, una eredità importante che non deve essere depauperata. Occorre che, nei prossimi sei anni, si continui a procedere in una direzione “virtuosa”, essendoci in molti aspetti della vita universitaria ancora gravi problemi da affrontare o ampi margini di miglioramento.

Nel campo della didattica, anche in considerazione dell’esperienza emergenziale del Covid, la nostra università deve proporre una “soluzione originale e federiciana” capace di saldare insieme il valore della lezione in presenza, che è parte della nostra storia ed elemento qualificante della Federico II, e i nuovi strumenti che la tecnologia ci mette a disposizione. Occorre rendere più attrattiva la scelta di studiare alla Federico II con azioni che riducano abbandoni e tempi di completamento del percorso. Bisognerà tutelare il diritto allo studio incrementando l’accessibilità all’università e ai servizi offerti e agevolando la partecipazione degli studenti alla vita dell’ateneo. Sulla ricerca occorre attuare le dovute azioni affinché tutti siano messi in condizione di esprimere le proprie potenzialità, riconoscendo sempre l’impegno di ciascuno. Occorre semplificare moltissimo la catena di comando.

Il personale tutto delle strutture decentrate deve sentire più vicini gli organi di governo e l’amministrazione centrale. Bisogna semplificare l’asfissiante burocrazia che accompagna “la vita quotidiana” di ogni docente nell’assolvimento dei propri compiti istituzionali. Bisogna aprirsi molto di più all’internazionalizzazione e potenziare le azioni verso il territorio. Occorre realizzare un piano di manutenzione dell’immenso patrimonio immobiliare della Federico II. Occorre porre particolare attenzione alle necessità della Scuola di medicina e chirurgia, che in questi anni ha visto chiudere scuole di specializzazione, e ai rapporti con l’azienda ospedaliera.

Questi vanno riformulati tenendo conto delle peculiarità del nostro policlinico universitario. Tutte queste azioni vanno attuate con efficacia e in tempi brevi, perciò richiedono un rettore che abbia non solo un curriculum scientifico ma anche un curriculum per così dire “gestionale” di alto profilo. Un rettore che abbia maturato ampia esperienza di coordinamento e/o di direzione e/o di governo nei settori della ricerca, della didattica, dell’amministrazione e della terza missione. Un rettore che abbia una visione chiara dell’intera comunità accademica e delle sue vaste problematiche. Un rettore che abbia contribuito durante la gestione uscente ai risultati ottenuti, così da poter riprendere immediatamente il percorso, affrontando i vari problemi irrisolti.

Un rettore che, nell’ambito di una efficace azione di governo, operi allargando la governance al contributo dei tanti colleghi interessati, disponibili e appassionati. Un rettore la cui candidatura scaturisca da un ampio confronto interno all’ateneo e non prevalentemente da una iniziativa personale. Per le ragioni sopra esposte ritengo che Matteo Lorito, per storia personale e spessore del suo curriculum scientifico e gestionale – che peraltro traspare chiaramente anche dalla completezza del programma presentato, ricco di idee e di possibili soluzioni – sia colui che dà le maggiori garanzie di stabilità e di crescita dell’ateneo e meglio saprà interpretare il ruolo di rettore di cui oggi la Federico II ha bisogno, e in questo sono confortato dall’ampio consenso che sta riscuotendo la sua candidatura.