Viviamo in un momento storico in cui sembra prendere piede una cultura politica improntata in senso illiberale. Dagli Stati Uniti è giunto in Europa un inedito progressismo, che ci offre un lessico e un nuovo modo di pensare l’inclusione delle minoranze, un nuovo femminismo, un nuovo approccio, che ha l’ambizione di riscrivere – almeno in parte – il passato, oggetto e risultato, secondo questa prospettiva, dell’azione di quanti hanno gestito il potere fino a ora. E chi sarebbero costoro?

Stare ai margini della società

Gli esponenti di una categoria, gli uomini bianchi eterosessuali occidentali, che oggi vengono considerati in quanto tali soggetti privilegiati dalla storia. Da tempo nelle Università statunitensi e in molti altri ambienti progressisti costoro non possono più esprimersi su temi sensibili quali l’immigrazione o le varie forme di discriminazione, proprio in quanto detentori di un’identità culturale che va radicalmente posta in discussione in funzione dell’apertura a quelle altre identità culturali fino a oggi silenziate e colonizzate. Si dirà: ma coloro che non sono stati oggetto di discriminazioni, che ne sanno di cosa si provi a stare ai margini della società? È altresì noto un certo moralismo che il progressismo statunitense trascina con sé, ma c’è qualcosa di più profondo e filosoficamente discutibile. Si potrebbe obiettare: di quali privilegi gode il figlio bianco, magari pure eterosessuale, dell’operaio? Obiezione fin troppo retorica se vogliamo, per quanto sensata. Giustamente, la parte che si percepisce culturalmente o giuridicamente discriminata pretende di far sentire la propria voce.

Un cambiamento culturale

Per esempio, le donne in Occidente rivendicano una rivoluzione culturale, mentre in altre parti del mondo chiedono la parità di diritti che la legge non riconosce loro. Naturalmente i due aspetti sono, in molti casi, intrecciati. Tuttavia, un conto è reclamare una legge paritaria per tutti gli individui, altro è lottare e rivendicare un cambiamento culturale. In Italia non tutti gli individui possono sposarsi nello stesso modo – e questo è un caso di discriminazione. In Spagna tuttavia, dove vige una legge matrimoniale non discriminatoria, possono comunque verificarsi fenomeni di omofobia. Una buona legge aiuta a modificare la mentalità così come cambiare mentalità può favorire nuove richieste e ideare soluzioni migliori.

Il problema nel progressismo statunitense

Cosa non funziona nel progressismo statunitense? Il problema di base è filosofico: accettare o meno il relativismo culturale di fondo. Il fatto che un individuo possa essere silenziato su certi temi in quanto non appartenente al gruppo discriminato fa saltare i presupposti stessi della filosofia. Si obietterà: della filosofia occidentale. Certo, perché la filosofia nasce con dei tratti specifici in Occidente, così come la scienza moderna. La filosofia nasce laica e fin dall’inizio distingue il contenuto delle idee dal loro portatore, ossia dal corpo che le incarna in modo contingente. In altri termini, il nuovo progressismo intende mettere in discussione questa identità filosofica della cultura europea, relativizzandola.

Tra Stato di diritto e Stato sociale

Andare verso le elezioni europee nella prospettiva degli Stati uniti d’Europa dovrebbe presupporre l’affermazione di un’identità culturale e di alcuni valori frutto di un preciso processo storico, senza con ciò la pretesa di volerli imporre ad altri. All’interno della cultura filosofica europea vi è l’idea che vi possano essere dei concetti il cui valore sia tendenzialmente universalizzabile. In tal senso e da questa prospettiva non importa dove essi siano emersi, ma il loro contenuto. Negli Stati Uniti ci si batte per i diritti civili in un contesto privo delle protezioni di tipo economico-sociali presenti invece in Europa. Dal Novecento ereditiamo due grandi conquiste: lo Stato di diritto e lo Stato sociale. Quest’ultimo non è una vecchia macchina da rottamare, bensì una conquista di civiltà. Detto in altri termini, le rivendicazioni di una parte non devono, in una prospettiva liberale, esigere una fetta della torta del potere contro chi l’avrebbe mangiata in precedenza. Si tratta invece di rispolverare le vecchie nozioni di individuo e di parità, per rivendicare nuovi diritti non contro qualcuno, ma in nome dell’eguaglianza di tutti.

L’inclusione degli individui

L’inclusione, in una prospettiva liberale, oltre a investire nell’educazione, deve mirare a tutelare coloro che sono economicamente più deboli ed esposti. Traduciamo: non si tratta di suddividere la società in gruppi e sottogruppi, in diverse percentuali di etnie, donne e uomini, cinesi, asiatici, africani o quant’altro, ma di concepirla a partire da individui che vanno inclusi culturalmente. Il diritto non è un abito che può essere confezionato su misura, e non può essere nemmeno così invasivo da voler regolamentare le nostre vite in ogni specifico aspetto. Il cambio di mentalità va ottenuto con la lotta politica sulla base di buone argomentazioni (e non con forme di razzismo al contrario), investendo sia in educazione che sulle fasce economicamente più deboli, in primis per garantire loro un’istruzione.

Oggi viviamo nell’epoca della rivoluzione digitale e scuola e formazione rappresentano il cuore di ogni riforma. I numeri ci dicono che siamo il fanalino di coda d’Europa in termini di investimento di risorse nella scuola. Rispetto all’inclusione affettiva e all’educazione sessuale siamo di nuovo ultimi, uno dei pochi Paesi in Europa ad esserne privi. Invece di scopiazzare le forme di progressismo statunitensi, l’Europa potrebbe e dovrebbe affermare i suoi valori, la sua storia e quella cultura liberale che in modo laico pone al centro, in senso filosofico, la “ragione”, le cui radici affondano nella cultura greca. Si chiama, appunto, filosofia occidentale.

Edoardo Greblo e Luca Taddio

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