Leadership nel mirino
Flop referendum, resa dei conti nella Lega contro Salvini: il leader sotto attacco per i tanti errori
Il risultato del referendum sulla giustizia è stata solo la classica goccia che fa traboccare il vaso. Il flop alle urne dei cinque quesiti, che non hanno raggiunto il 21% di affluenza risultando così la consultazione meno partecipata nella storia dei referendum, è di fatto una “messa in stato di accusa” per Matteo Salvini.
Il segretario del Carroccio già venerdì scorso aveva convocato per questa mattina il Consiglio federale della Lega, con al centro altri temi: le questioni da trattare “con urgenza” era la situazione economica del Paese e la teoria di una “Italia sotto attacco” delle istituzioni europee, in riferimento all’annunciato aumento dei tassi di interesse della Bce, che secondo Salvini avrebbero l’obiettivo di trasformare il Paese in una nuova Grecia.
Ma è indubbio che oggi nella riunione dei maggiorenti del Carroccio non si potrà non parlare dell’esito del referendum, promesso dalla Lega assieme ai Radicali e poi abbandonato per lungo tempo al suo destino, superato da altre “emergenze”.
Ieri sera Matteo si è limitato ad un tweet di ringraziamento per i “dieci milioni di italiani che hanno scelto di votare per cambiare la Giustizia. È nostro dovere continuare a far sentire la loro voce!”. Salvini ha scaricato su Roberto Calderoli il compito di commentare il voto, evocando il complotto: “Non ho il minimo problema a dire che, secondo me, c’è stato un complotto che ha agito con singoli soggetti, magari non in forma associativa, ma ciascuno ci ha messo del suo, perché questo quorum non potesse essere raggiunto”.
Grazie ai 10 milioni di italiani che hanno scelto di votare per cambiare la Giustizia. È nostro dovere continuare a far sentire la loro voce!
— Matteo Salvini (@matteosalvinimi) June 12, 2022
Ma la leadership del Capitano è sempre più in bilico, col fronte dei governatori del Nord, Zaia e Fedriga in testa, appoggiati dal ministro dello Sviluppo economico Giorgetti, che non perdonano a Salvini le rovinose scivolate di queste settimane.
Di casi ve ne sono a iosa. A partire dai sondaggi che danno il partito in crisi profonda, sceso ai minimi dal 2018 a questa parte. Ma nel mirino è tutta la recente strategia politica del segretario: dalla gestione della partita del Quirinale, tra candidatura bruciate in conferenza stampa e il ripiegamento finale sul bis di Mattarella, alla figuraccia in Polonia allo scoppiare della guerra in Ucraina, quando venne ‘respinto’ dal sindaco di Przemy Wojciech Bakun, con tanto di t-shirt raffigurante Vladimir Putin, la stessa che Salvini indossava nel 2015 nella piazza Rossa in occasione della sua visita a Mosca.
Ultimo problema è proprio Mosca, il viaggio “per la pace” che Salvini avrebbe dovuto compiere il 29 maggio scorso. L’ambasciata russa in Italia ha messo in difficoltà politicamente il leader del Carroccio annunciando in una nota di aver anticipato il denaro a Salvini e al suo staff per raggiungere la Russia, cifra poi restituita dallo stesso partito “in quanto il viaggio non è avvenuto”. Salvo correggersi, dopo un intervento dello staff del leader leghista, spiegando che “il partito avrebbe saldato in ogni caso”.
Anche domenica Salvini è stato costretto a tornare sulla questione, ribandendo che il viaggio “è stato pagato dalla Lega, io non ho dei rubli e non posso fare il biglietto aereo pagando con quella moneta”.
© Riproduzione riservata