Un plebiscito per un predellino 2.0. Solo che stavolta sarà la destra, ovvero Fratelli d’Italia, a incorporare Forza Italia. Non viceversa, come invece accadde nel 2007. 

Era il 18 novembre di diciassette anni fa, quando Silvio Berlusconi salì sul predellino di un Suv, a Piazza San Babila a Milano, annunciando la nascita di un nuovo soggetto politico. Un partito del “popolo della libertà”. Il Pdl. Che poi si sciolse nel 2013 sotto i colpi dei litigi tra Berlusconi e Gianfranco Fini. Ma ora sarà diverso. Questa è la certezza di Giorgia Meloni. Perché Antonio Tajani, a differenza di Fini, non ha velleità di leadership del centrodestra. Complice l’anagrafe, il primato della presidente del consiglio sullo schieramento che lei vorrebbe “conservatore” non è affatto in discussione. E il probabile plebiscito delle europee su “Giorgia” servirà sicuramente ad accelerare gli eventi. Meloni, con questa campagna elettorale, così personalizzata e personalistica, chiede carta bianca agli elettori del centrodestra. Con un divario tra FdI e gli altri partiti della coalizione che potrebbe essere siderale. 

L’idea e il Partito Popolare Europeo.

Da qui la suggestione di un nuovo predellino. Un’altra svolta estemporanea. Viatico per lo scioglimento di Fratelli d’Italia e Forza Italia in un contenitore di destra-centro. Conservatore, popolare e filo occidentale. Questa è l’idea che circola ai piani alti di Via della Scrofa, quartier generale dei meloniani. L’operazione, nei desiderata di Meloni, sarebbe funzionale all’entrata della premier nel Partito Popolare Europeo. Un’investitura che le permetterebbe di provare a contare di più in Europa. Forte anche di una pattuglia di eurodeputati che si annuncia nutrita. 

Ostaggio dei Berlusconi

Il predellino 2.0., sempre secondo i ragionamenti del cerchio magico di Meloni, converrebbe pure a Forza Italia. Il partito azzurro è sopravvissuto, inaspettatamente, alla scomparsa di Berlusconi. Ma gli azzurri sono sempre “ostaggio” della famiglia del fondatore. Finché gli eredi del patriarca continueranno a finanziare il partito, Fi avrà linfa vitale per continuare a esistere. Nel momento in cui i figli di Berlusconi chiuderanno i rubinetti economici, la fine sarà dietro l’angolo. Confluire in un nuovo soggetto libererebbe i forzisti da questa Spada di Damocle. Oltre ad assicurare un futuro politico alla classe dirigente degli azzurri, emancipandola dalla dinamica volubile dei sondaggi, dagli alti e bassi del consenso di un movimento che sì sopravvive, ma è diventato un piccolo partito. Il personale politico di Forza Italia, tramite una fusione con i meloniani, si metterebbe tutto sommato in sicurezza. Tajani, che è il berlusconiano più vicino alla premier, avrebbe il ruolo naturale di numero due e di primo facilitatore per l’ingresso dei post-missini nella famiglia dei popolari europei. Dunque, stavolta può funzionare. Questo è l’auspicio di Meloni e dei suoi. Qualche scossone è già messo in conto. Ma la forza del plebiscito su “Giorgia” alle elezioni europee disinnescherebbe automaticamente tutti i prevedibili mal di pancia. A destra come al centro. 

Il partito unico

Il partito unico sarebbe lo strumento ideale per competere nello scenario polarizzato del premierato. Perciò l’ipotesi del predellino si intreccia con la riforma costituzionale voluta da Meloni. L’altro grande “obiettivo politico di legislatura” della coalizione di governo a trazione Fratelli d’Italia. Non un centrodestra. Ma una destra conservatrice che ingloba il centro. Ecco l’orizzonte della premier. In Italia e in Europa. Certo, non sarà facile smussare le asprezze di una parte di classe dirigente di FdI. Così come sarà complicato archiviare il post-fascismo senza attirarsi accuse di “tradimento” come invece fu per Fini. Eppure la strada sembra tracciata. Dopo il risultato delle europee potrà intravedersi qualche primo segnale. 

L’interrogativo della Lega

In ogni caso, si tratta di una scomposizione dell’attuale panorama politico del centrodestra italiano. L’altro grande interrogativo è la Lega. Il Carroccio, così come fu diciassette anni fa, non sarà incorporato nel partito unico immaginato da Meloni. Che, anzi, anche qui tratteggia una sorta di ritorno al passato. Una Lega depurata dalle istanze più radicali del salvinismo. Forse liberata dalla stessa guida ingombrante di Matteo Salvini. Un Carroccio “nordista” e pragmatico, spalla naturale del partito unico tra FdI e Forza Italia. Il verdetto delle europee darà delle indicazioni in questo senso. Una Lega sotto il 10% o stabilmente dietro gli azzurri, innescherebbe un effetto domino a Via Bellerio. Il fallimento del progetto nazionale di Salvini favorirebbe il processo che porterebbe a una Lega ridimensionata, ripiegata di nuovo sul territorio. Lo sparring partner ideale per l’erede del Popolo della Libertà. Meloni vuole un plebiscito per lasciare il segno con l’accoppiata premierato-partito unico. La stabilizzazione del sistema e il bipartitismo. Che poi sono i due sogni infranti della stagione berlusconiana. L’attuale premier ha l’ambizione di chiudere il cerchio. Da destra.