Lo scenario sociopolitico italiano presenta una sorta di contraddizione. Mentre dal punto di vista sociale c’è grande tensione, quello politico è in una situazione che potremmo definire di anestesia o di ibernazione. Ciò è dovuto a tre elementi: 1) Il varo del governo Draghi che vede la partecipazione e la corresponsabilità di quasi tutti i partiti 2) l’immagine super partes (per ora) del presidente del Consiglio 3) e, al tempo stesso, la necessità di provvedere rapidamente all’emergenza sanitaria, ciò che mette in secondo piano altre tematiche più divisive.
Tutto ciò ha portato a una sensibile attenuazione del dibattito e anche dei conflitti tra i partiti. Sia sul piano programmatico, vale a dire sul confronto sulle cose da fare che, aldilà del dibattito tra riapertura e chiusure, è passato in secondo piano, sia, anche nella competizione tra i leader.

Questa situazione permette alla maggior parte delle forze politiche di affrontare una sorta di riassestamento interno, in vista della riapertura del conflitto quando, finalmente, sarà terminata la fase eccezionale di lotta alla pandemia. Tuttavia, se i partiti sono in una sorta di ridefinizione strategica, l’elettore non lo è. I sondaggi lo mostrano sempre più preoccupato e, al tempo stesso, insofferente per le necessarie restrizioni di questo periodo. C’è una crescente inquietudine, sia per la situazione sanitaria, sia, sempre più, per quella economica, sia dal punto di vista personale, sia da quello della situazione del paese nel suo complesso. Ma il quadro sociale è in parte migliore di qualche settimana fa. Ad esempio (rilevazioni settimanali di Swg) ci mostra un intervistato notevolmente meno preoccupato, rispetto a gennaio, della possibilità di licenziamento. Chi ha un lavoro ha oggi meno paura che in passato di esserne allontanato. Anche se chi oggi è senza lavoro mostra di avere poche speranze di trovarlo.

Gli italiani sono anche molto più esigenti rispetto al passato verso le istituzioni. E crescono, al tempo stesso, le attese verso le grandi aziende. Ci si aspetta che esse guardino non solo al loro tornaconto economico e a riuscire dal salvarsi dalla crisi ma si occupino anche, come ha rilevato Remo Lucchi nelle ricerche condotte da Eumetra, del benessere dei cittadini da tutti i punti di vista. Un impegno concreto e fattivo. Si registra comunque un livello relativamente elevato di fiducia. Il consenso verso il governo è rimasto elevato (64% secondo Demos ma 40,8% secondo Euromedia), malgrado una diminuzione fisiologica dopo il boom iniziale di fiducia. Il presidente del Consiglio riceve più consensi (52,7%) e alta è anche la stima (63%, un livello mai raggiunto negli ultimi tempi) nei confronti del presidente della Repubblica e del suo ruolo di garanzia (dati Demos). Ma la discontinuità tra la presidenza di Conte (tuttora molto popolare) e quella di Draghi non è stata percepita da molti (51,6% secondo Euromedia) che vedono il nuovo Governo assomigliare al precedente.

Ciò che gli elettori si attendono oggi dai partiti e soprattutto una nuova leadership politica. Potrà essere Draghi se “scenderà” (e molti segnali suggeriscono che stia per farlo nell’arena politica). O potrà essere una nuova figura. Ci si aspetta comunque un nuovo leader capace di traghettare l’Italia fuori dalla crisi, come se fosse un nuovo Messia. Solo Renzi, negli ultimi anni aveva ottenuto un consenso siffatto, ma poi, come si sa, è stato sconfitto e defenestrato dal suo stesso partito di allora. Da questo punto di vista, la maggior parte dei partiti vive un momento di crisi profonda. La Lega che rimane la forza politica con più seguito virtuale vede tuttavia diminuire progressivamente i propri consensi e, specialmente, è dilaniata dei conflitti interni tra una linea più “di lotta” “salviniana”, molto popolare al sud e una più “di governo” “giorgettiana” e proDraghi, più attenta alle esigenze del tessuto di piccole aziende e del ceto medio, che trova più consensi al Nord. Mantenere un doppio standard di proposta politica è possibile (lo faceva correntemente la Dc e anche Berlusconi) ma molto complesso. La svolta pro Europa di Salvini è dovuta appunto alle pressioni della componente settentrionale del partito. Col risultato che parte di quella meridionale si è allontanata a favore di Fratelli d’Italia.

Anche il Pd appare diviso al suo interno tra le diverse correnti che, come si è visto anche nell’episodio della elezione dei presidenti dei gruppi parlamentari, lottano aspramente tra loro. E viene proprio in questi giorni fondata una nuova corrente, ad opera di Bettini. L’avvio della segreteria di Letta non ha esaltato gli elettori né provocato un’ascesa dei votanti nei sondaggi. Il nuovo segretario si è concentrato su tematiche come quella del voto ai sedicenni o dello ius soli, volutamente estranee al dibattito corrente e non è intervenuto sui temi strategici per il rilancio dell’economia, sui quali il suo partito è diviso. Ancora più caotica è la situazione del movimento 5S ove la capacità e la possibilità di Conte che pure resta uno dei leader più apprezzati nel nostro paese di rimettere in carreggiata il movimento (o il nuovo partito) rimane tutta da verificare. Resta il fatto che Conte è tuttora molto apprezzato dagli elettori pentastellati. Un sondaggio di questi giorni mostra come la maggioranza di questi ultimi rimpianga il suo governo.

Forza Italia ha visto negli ultimi tempi una lieve crescita di consensi, grazie alla sua posizione moderata nel centro destra. Non riesce, tuttavia, per il momento, a decollare. Anche in questo caso occorrerebbe un leader giovane che affianchi Berlusconi nella gestione del partito. L’unica forza che in questo momento va a gonfie vele è Fratelli d’Italia. Grazie alla sua posizione di unica forza in contrapposizione al governo, il partito della Meloni riesce a raccogliere sia le posizioni critiche verso l’Europa che hanno abbandonato la Lega dopo la svolta pro Ue, sia tutte le voci di insoddisfazione nei confronti del governo di Draghi. È probabile che si assista nel futuro a un’ulteriore crescita dei consensi per questo partito.

Ma, come si è detto, gli elettori attendono soprattutto un nuovo leader. E si aspettano anche governi stabili che possano sfuggire ai continui conflitti tra partiti per le diverse poltrone e che possano portare il paese fuori dalla crisi. Tuttavia, un simile scenario potrà ragionevolmente verificarsi solo con un nuovo sistema elettorale. Possibilmente su due turni, come il politologo Roberto D’Alimonte propone da tempo. Ma è improbabile che i partiti possano e vogliano occuparsi in questo momento di riformare il nostro sistema di voto.