L’ultimo rapporto firmato Svimez ha posto l’accento sulla fuga dei giovani che lasciano il Mezzogiorno per volare verso gli atenei del Nord. Negli ultimi tre anni è aumentato lo stock annuale degli studenti triennali del Mezzogiorno immatricolati al Centro-Nord che ha raggiunto le 22.644 unità. Complice anche il fatto che in Campania, per esempio, l’80% dei lavoratori ha un contratto part-time e uno stipendio decisamente più basso di quello dei colleghi del Nord, i nostri territori stanno perdendo intelligenze e talenti.

Eppure, l’offerta formativa degli atenei del Mezzogiorno è altamente qualificata. «L’università in sé è sicuramente importante per i suoi corsi di studio, le sue ricerche, i laboratori e i docenti – commenta Lucio d’Alessandro, rettore dell’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli – ma si caratterizza anche in funzione del territorio, in base ai servizi che offre, agli stage che è possibile svolgere durante e dopo la laurea, in base a quel sistema che poi conduce al lavoro. Non è tanto quello che manca all’interno dell’università, ma quello che manca nel territorio circostante». Qui se da un lato c’è una formazione eccellente, dall’altro manca tutto il contorno fatto di servizi e opportunità lavorative. Nel periodo 2000-2020 sono aumentati del 30% gli immatricolati nel Centro-Nord mentre sono diminuiti del 4% quelli nel Mezzogiorno.

Questi processi di de-accumulazione di capitale umano hanno impatti sulla crescita economica nel medio-lungo periodo. Importante lavorare sull’offerta di formazione ma non solo dal punto di vista quantitativo. «Nonostante la fuga verso il Nord, la Campania ha il saldo studenti in uscita e in entrata comunque migliore rispetto alle altre regioni del Meridione – commenta Matteo Lorito, rettore dell’Università Federico II di Napoli – C’è da dire che gli studenti non scelgono gli atenei del Nord tanto per l’offerta formativa, ma per i servizi dedicati a loro. Basti pensare che alla Federico II ci sono migliaia di studenti, ma non ci sono alloggi dedicati a loro». Senza dimenticare i redditi che qui sono decisamente più bassi che altrove.

«Basti pensare – aggiunge Lorito – che gli studenti della Federico II che rientrano nella No Tax area, sono il doppio di quelli iscritti all’università di Milano. Tutto questo si traduce nel fatto che in quei territori c’è sicuramente più lavoro e più opportunità». Come invertire questa tendenza? «Da un lato rafforzando comunque le università – suggerisce d’Alessandro – perché se sono in grado di offrire al proprio interno dei servizi di una certa qualità, mettere in connessione i loro studi di ricerca con l’Europa aumenta senz’altro la certa capacità attrattiva. Inoltre – aggiunge – bisogna rafforzare la rete di servizi che ruota attorno agli Atenei, residenze per gli studenti in primis». E in questo Comune e Regione, seppure con compiti e responsabilità diverse dovranno fare la loro parte. «La Campania in questi anni ha sicuramente cercato di fare una politica di sviluppo del territorio – afferma d’Alessandro – ma soprattutto bisogna mettere in condizione chi propone progetti validi di poterli realizzare».

Anche Palazzo San Giacomo dovrà mettere in campo degli interventi per frenare l’esodo. Il Comune deve migliorare le condizioni generali della città – sottolinea il rettore del Suor Orsola – dai servizi al decoro delle strade, così si rende attrattivo il territorio». D’accordo anche Lorito che aggiunge: «L’attuale amministrazione sa perfettamente che Napoli è una città universitaria, con più di centomila studenti in 5 atenei, tutto quello che si farà per l’università sarà un beneficio per tutta la città. Bisogna sistemare i servizi essenziali e soprattutto il Comune deve diventare il tramite tra chi produce la risorsa umana qualificata e chi la impiega, un ponte tra università e imprenditoria».

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Giornalista napoletana, classe 1992. Vive tra Napoli e Roma, si occupa di politica e giustizia con lo sguardo di chi crede che il garantismo sia il principio principe.