Implementare la ricerca e la posizione competitiva del Paese, puntando sulla creazione di reti, in connessione con il Piano nazionale per la ricerca 2021-2027 e con le risorse che questo prevede. Poi realizzare un’infrastruttura nazionale di trasferimento delle conoscenze legate alla ricerca universitaria. Sono alcune delle proposte lanciate dalla Svimez per lo sviluppo dei territori.
Gli atenei rappresentano un punto di riferimento importante per il rilancio del Paese, ma è ormai noto lo squilibrio che persiste tra le università del Nord e quelle del Sud, oltre che quello tra gli atenei nel centro e quelli nelle periferie delle città. Ora con il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) c’è l’opportunità di ridurre il divario e fornire una formazione uguale per tutti, indipendentemente dalla regione di provenienza. Secondo gli studiosi della Svimez bisogna puntare su una riduzione drastica degli squilibri strutturali per un innalzamento di qualità dell’intero sistema universitario che si traduce in “governance e semplificazione”: rendere sistematico il principio della programmazione strategica pluriennale, rafforzare la struttura amministrativa, semplificare le norme e l’attività amministrativa. Inoltre, bisognerebbe finanziare gli atenei, attraverso lo scorporo della quota premiale dal Fondo per il finanziamento ordinario delle università (FFO) di un fondo ad hoc per la premialità, rifinanziare il FFO, stipulare accordi di programma e definire un piano di Reti universitarie speciali di programma. Inoltre occorre reclutare attraverso il superamento del meccanismo dei “punti organico”, consolidare il reclutamento di giovani ricercatori ricollegato a iniziative straordinarie (Pnrr e accordi di programma), incentivare la mobilità del personale docente e tecnico-amministrativo.
Nel 2020, infatti, l’attuale sistema ha premiato maggiormente gli atenei del “centro” a discapito di quelli della “periferia”. Secondo gli ultimi dati disponibili, per ogni professore ordinario andato in pensione il Politecnico di Milano ha potuto assumere fino a 2,45 ordinari, Torino 1,4, Bologna 1,39, Milano Statale 1,15, Napoli Federico II 0,97, mentre Genova solo 0,71, Pisa 0,64, Bari 0,81, Messina 0,68, Catania 0,59 e Palermo 0,71. Secondo la Svimez per ridurre il divario tra gli atenei risulta decisivo anche l’ampliamento dell’accesso alla formazione terziaria per giovani e adulti, in presenza dell’attuale redistribuzione geografica degli immatricolati che sono in continuo calo al Sud rispetto ai “nuovi” universitari del Centro e soprattutto del Nord. Basti pensare che, nel 2018, circa 158mila giovani hanno lasciato il Sud alla volta del Nord con conseguenze drammatiche sullo sviluppo economico e sociale del territorio: un calo del pil del 2,5% a coronamento di una perdita di risorse umane protrattasi dal 2007 al 2018.
I punti salienti dello studio realizzato dai ricercatori Svimez mettono in luce che non conta solo quanto si investe ma come. «L’obiettivo del documento – sottolineano i vertici di Svimez – è proporre un set di policy che contribuisca a riattivare i processi di accumulazione di capitale umano che costituiscono uno dei principali motori della crescita economica del Paese e, nel contempo, differenziare e consolidare tali processi al Nord come al Sud, al centro come in periferia, contribuendo così a fare della formazione e della ricerca la principale leva per il superamento dei divari territoriali e sociali dell’Italia».
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Giornalista napoletana, classe 1992. Vive tra Napoli e Roma, si occupa di politica e giustizia con lo sguardo di chi crede che il garantismo sia il principio principe.