Lettere dal carcere al Riformista
“Gogna mediatica, carcere e solitudine: non fa paura l’inferno dopo averci vissuto”
L. è in misura alternativa per gravi problemi di salute. La detenzione ha reso la sua vita un inferno, non solo quando era in carcere ma anche dopo. È in cella che sono iniziati i suoi gravi problemi di salute e con il tempo sono peggiorati. Conosce le “ingiustizie, e scrivo perché ne ho viste e ne ho subite…e ne subisco”, scrive in una lettera. “Non fa paura l’inferno dopo averci vissuto“, dice, parlando dei giorni in carcere ma non solo. Anche dopo in misura alternativa “i giorni meno buoni diventano la quotidianità”. Dalle sue parole trapela tutta la solitudine che vive L., solo e inascoltato, con nel cuore solo il grande peso del passato, di quello che ha vissuto e di un marchio, quello di essere stato in carcere, di cui teme che non riuscirà mai a liberarsi. “E poi mi sento sconfitto e non c’è l’orologio per tornare indietro…Potessi credimi che lo farei, tutti lo farebbero”, continua nella lettera.
L. ha 42 anni, studia e scrive per non impazzire. Il suo passato è duro ma può riscattare tutto, inseguire i suoi sogni ed essere ciò che vuole e che è: un uomo pieno di passioni e amore da dare. L. ci sta provando e può riuscirci, nonostante le storture della società che ancora non accetta che chi ha sbagliato può cambiare. L., come tutti gli ex detenuti, non si deve arrendere e continuare a credere che la sua vita può cambiare. Presto realizzerà tutti i suoi sogni perchè ci crede. Riportiamo qui di seguito la sua lettera al Riformista.
Non sono sempre stato un delinquente, fino ai trent’anni ho condotto una vita fatta di viaggi amore e poesie, non ho mai nascosto a nessuno la mia omosessualità e ho dovuto combattere contro un mondo che scorre all’incontrario. Accade però che quel mondo incantato cessi di esistere e che la mente si ammali d’improvviso. Ecco che perdi il lavoro, l’ amore e la poesia. Troppa vergogna dirlo a chi ti circonda e allora costruisci un castello di sabbia per far vedere al mondo che va tutto bene e cominciano i primi reati contro il patrimonio a cui se ne susseguono altri per tappare i buchi dei precedenti.
Al primo passo falso, gogna mediatica e ho perso tutto, famiglia compresa, infatti sono 6 anni che non vedo e non parlo con i miei fratelli, per la vergogna di quanto hanno scritto di me i giornali. Penso anche di sparire, perché è l’ unica soluzione. Ecco perché capisco e comprendo chi non vuole più vivere e vuole andarsi un po’ a risposare.
Inizio la mia detenzione in carcere, un inferno. Sul serio non fa paura l’inferno dopo averci vissuto. Sento che nella mia vita manca quello che ho sempre desiderato, qualcuno che tenga a me sul serio e che capisca che la mia testa non funziona bene più, ormai ho imparato i giorni buoni e non. Sopraggiungono problemi seri di salute, e prossimamente dovrò essere sottoposto ad alcune operazioni, cominciano anche i disturbi alimentari e qualche episodio di autolesionismo. Dopo due anni di lotta mi danno la detenzione domiciliare per gravi motivi di salute, ma è un inferno anche così.
Quando sei solo e non hai nessuno con cui parlare, psichiatra a parte, inizi a scrivere e a studiare per non perdere quella parte ancora sana della mente. Ci si mettono poi controlli invasivi, magistratura che pretende il più piccolo cavillo quando ti sposti per andare in ospedale e richieste di aiuto al mondo che non vengono ascoltate. E i giorni meno buoni diventano la quotidianità. Vado spesso a parlare a mio padre deceduto l’anno scorso e li mi sfogo senza ritegno, tanto non mi vede nessuno, parlo di quello che vorrei e che mi manca, gli dico che non riesco a stare solo, ma la mia condizione non permetterà più di avere qualcuno…chi si potrà mai innamorare di uno che è stato in carcere? Sono come un contenitore che ingloba qualcosa ogni giorno e si gonfia lentamente. Pensare che ho ancora due anni in queste condizioni e che non vedo la fine mi fa sentire che non ci sarà più possibilità per me.
Allora mi aggrappo al nulla, e diventa importante anche quel nulla, quando esco mi faccio carino ma uso sempre mascherina e occhiali come se non volessi che nessuno si accorga di me…E sopravvivo pensando alle ingiustizie, e scrivo perché ne ho viste e ne ho subite…e ne subisco. Non so cosa accadrà nel mio futuro, non mi pongo il problema quasi mai perché la mia mente se ne va in un posto dove ho paura. E poi mi sento sconfitto e non c’è l’orologio per tornare indietro… Potessi credimi che lo farei, tutti lo farebbero…Si vive di ricordi, io ripenso spesso al mio primo ragazzo e ripenso alle estati insieme tra feste di paese, pale eoliche e le terme, come ripenso al dolore che ho dato all’ ultimo, non raccontandogli che dietro al ragazzo perfetto si nascondeva una seconda vita. Ho imparato a conoscermi meglio però e quando scrivo non soffro più.
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