Trenta ore da quando l’avviso di gommone in difficoltà, a circa 110 miglia dalle coste libiche in acque internazionali, è arrivato a tutte le autorità italiane competenti. Inviato da Alarm Phone, dalla ong Mediterranea e da altre fonti. Trenta ore di tempo per inviare mezzi adeguati per il soccorso. Che non è stato avviato. Ancora una volta l’allarme c’era, il mezzo sovraccarico di migranti è stato segnalato, la sua posizione è stata data. E Roma non s’è mossa.

Un gommone con 47 persone s’è rovesciato domenica. Solo 17 i superstiti, 30 i dispersi. Al centro soccorso in mare di Roma hanno scelto di non mandare mezzi, hanno detto che avrebbero avvisato i libici. Hanno mandato nell’area dell’emergenza dei mercantili perché facessero l’operazione di ridosso per mare ostile. I mercantili hanno avvisato di essere preoccupati per un’operazione di recupero troppo difficile per loro. Non s’è mossa la Guardia costiera da Pozzallo. Non s’è mossa la nave Sirio della Marina. Le varie navi militari impegnate nelle operazioni Eunavfor Med Irini e Mare Sicuro non sono state coinvolte. Uno dei mercantili ha dovuto tentare il trasbordo. Senza avere i mezzi per farlo in sicurezza. Il gommone s’è rovesciato. Un’altra strage a pochi giorni dalla strage dei bambini sulle coste calabresi.

Interventi in acque internazionali le autorità italiane li hanno sempre fatti. Nella Sar maltese, per esempio, i mezzi italiani da Roma coordinati sono andati più volte. Quando il barcone alla deriva è in acque internazionali, ma in zona soccorsi teoricamente assegnata alla Libia che non vuol dire a sovranità libica perché si tratta di acque internazionali, la questione viene affrontata in altro modo nella pratica. Si tende a mandare navi commerciali in zona a monitorare cosa accada. Nell’attesa che arrivino i militari libici a catturare i profughi e a rinchiuderli nei campi di detenzione libici.

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