Il nuovo governo e i deficit della classe politica
Governo Meloni, chi sarà il nuovo ministro dell’economia: no ai tecnici, ipotesi Giorgetti
Mentre si attende la riunione del Consiglio europeo del 20 e 21 ottobre per verificare se si arriverà finalmente a un risultato, dopo sette mesi di discussioni e proposte sul gas, a proposito del quale gli incontri preparatori dei Ministri europei cosiddetti dell’energia non hanno dato finora segnali positivi, pende la formazione del Governo e, in particolare, la definizione della candidatura del futuro ministro dell’Economia. Nei giorni scorsi, a quest’ultimo proposito ma non solo, era stato compiuto un passo avanti facendo riferimento a “tecnici di area”.
Una precisazione è poi intervenuta direttamente da Giorgia Meloni con la dichiarazione che il Governo, da tutti i punti di vista, è un governo politico, per cui, data questa incontestabile natura, la presenza in esso di alcuni tecnici non sarebbe incoerente, né altererebbe tale carattere. Il fatto è che l’insistenza con la quale si è alla ricerca del tecnico – per il Mef e alcuni altri Dicasteri – cela a fatica la ragione di tale esigenza che appare la non presenza, nelle file della maggioranza, di personalità che possano svolgere anche una funzione di garanzia, per la politica economica e di finanza pubblica, in Italia, in Europa e a livello internazionale. O, almeno, così si potrebbe dedurre, mentre le persone che sarebbero coinvolte per un’adesione alla candidatura in questione sembra rifiutino, stando alle cronache non smentite.
Da ultimo, è parsa farsi strada, uscendo dal comparto del tecnico di area, l’ipotesi, per la titolarità del Mef, di Giancarlo Giorgetti che, invece, è un politico con una certa competenza in materia economica, ma non si sa se questo sarà l’approdo definitivo o se anch’egli sarà rimesso in discussione per gli equilibri da osservare all’interno della maggioranza e si ritornerà sul tecnico. Tuttavia i tempi stringono e la messa a punto della lista dei Ministri, per le notizie fondate o no che vengono diffuse, è un compito che, pure per l’incertezza che su di essa grava, finisce con l’esigere tempi più rapidi di quanto normalmente avverrebbe per un messaggio che diradi la nebulosità formatasi.
Il tecnico, al quale viene rivolto l’invito a partecipare al costituendo Esecutivo, non potrebbe non condividere le linee generali della politica dello stesso Governo e la sua caratterizzazione. Dovrebbe, cioè, essere disponibile, pur con la sua autonomia, a far parte di un Governo di destra-centro come l’attuale, non reggendo l’ipotesi che egli non partecipi dell’azione e, prima ancora, dell’impostazione dell’Esecutivo. Questo diventa un punto dirimente e lo sarebbe certamente anche per un Governo di sinistra o di centro. Ci si deve chiedere, allora, se le persone che, per essere degli esperti, sono menzionate per l’assunzione di incarichi governativi se la sentano o no di aderire a un Governo politico con una sua chiara caratterizzazione; in particolare, se ritengano o no che ciò può collidere con la propria visione e, in definitiva, con la propria autonomia intellettuale. Se questi problemi non esistono, allora il tecnico aderirà, ma sarà chiaro che avrà deciso di partecipare a un Governo politico del quale condivide la collocazione, le strategie e l’azione.
Poi, tra i menzionati vi è chi ora sta svolgendo un incarico di particolare rilevanza e ritiene che da quella postazione possa servire meglio il Paese e agire coerentemente con la propria visione e con il proprio curriculum: potrebbe essere, questa, la posizione, anche se non si hanno riscontri oggettivi, di Fabio Panetta, autorevole membro dell’Esecutivo della Bce e naturale successore di Ignazio Visco al vertice della Banca d’Italia quando finirà il mandato di quest’ultimo. L’ipotesi che è circolata di un incarico di ministro dell’Economia “ad tempus” , anche se non formalmente tale, in modo che Panetta possa succedere a Visco a fine ottobre 2023, allorché terminerà l’incarico dell’attuale Governatore, non é commentabile per la sua assoluta stramberia; non tiene conto della legge sul conflitto di interesse che impedirebbe il ritorno a Palazzo Koch quando non sia trascorso un anno dalla fine dell’incarico ministeriale.
La leggina, che fu approvata per consentire a Luigi Einaudi di ricoprire la carica di Ministro del Bilancio e di Vice Presidente del Consiglio nel Governo De Gasperi con la possibilità di ritornare in Banca d’Italia una volta cessato l’incarico riguardava un personaggio che era già Governatore, non certo che lo sarebbe diventato poi. La leggina in questione potrebbe ritenersi tuttora in vigore. Di essa si parlò quando fu rivolto all’allora Governatore Antonio Fazio l’invito a dare la disponibilità a ricoprire la carica di presidente del Consiglio alla caduta del Governo D’Alema, invito che Fazio, pur ringraziando per l’iniziativa, non accolse.
L’altra ipotesi che pure viene prospettata riguarda la possibilità che il capo dello Stato inviti, nel superiore interesse del Paese, a partecipare al Governo una personalità tecnica che non vorrebbe farne parte e, in specie, ad assumere la titolarità del Mef. La prassi al riguardo avrà verosimilmente subito evoluzioni, tuttavia non si può trascurare l’art.92 della Carta che dà al presidente del Consiglio il potere-dovere di proporre le nomine dei Ministri e al capo dello Stato la prerogativa di disporre le nomine stesse. Non vi è una commistione tra proposta e decisione. Gira e rigira, l’opzione del tecnico di area, che dunque condivide certamente finalità, strategie e operatività del Governo, appare quella su cui più proficuamente lavorare. Ma, poi, è soprattutto il programma dell’Esecutivo che sarà cruciale, prima della stessa personalità. È a questo che bisognerebbe sin d’ora intensamente lavorare i, trovandoci in una fase ancora da “ stato di eccezione” dai diversi punti di vista. Una pur prestigiosa personalità non farebbe diventare “de nigro album” un programma inadeguato che fosse voluto per scelta politica.
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