Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu parla chiaro: sul futuro della Striscia di Gaza, con il presidente degli Stati Uniti Joe Biden “c’è disaccordo”. Netanyahu confida che si possa arrivare a una convergenza, ma la posizione resta netta: “Non si ripeterà l’errore di Oslo”. Con un chiaro riferimento agli accordi che segnarono una nuova fase di collaborazione con le autorità palestinesi.
“Dopo il grande sacrificio dei nostri civili e dei nostri soldati, non permetterò l’ingresso a Gaza a coloro che educano al terrorismo, sostengono il terrorismo e finanziano il terrorismo. Gaza non sarà né Hamastan né Fatahstan” ha continuato il premier. E questo conferma che per il governo israeliano non sembra possibile un futuro dell’exclave palestinese in mano all’Autorità di Abu Mazen.

Scontro Usa-Israele su futuro Striscia, Biden: “State perdendo sostegno ovunque”

La risposta della Casa Bianca non è tardata ad arrivare. La stampa israeliana ha riportato le parole di Biden sul fatto che “Israele sta cominciando a perdere sostegno in tutto il mondo” e che Netanyahu, nonostante sia “un buon amico”, “non potrà dire di no a uno Stato palestinese”. Lo iato tra i due alleati sembra essere ampio. E questo tema sarà al centro anche delle discussioni che il consigliere per la sicurezza nazionale della Casa Bianca, Jake Sullivan, avrà con le controparti israeliane nel suo prossimo viaggio nel Paese mediorientale. A spiegarlo è stato lo stesso Sullivan, che ieri ha ribadito anche la necessità di parlare di come si possa sviluppare l’operazione militare israeliana nella Striscia di Gaza una volta terminata questa fase.

Il calendario della guerra a Gaza

Nei vari incontri, ha spiegato l’alto funzionario statunitense, sarà discussa l’idea di Israele sul “calendario di questa guerra”, quando si passerà “a una fase diversa dal tipo di operazioni ad alta intensità che vediamo oggi”. Affermazione che indica come a Washington si chiedano quale sia il punto di arrivo dell’invasione e quali siano le tempistiche che si sono dati gli alleati. Mentre la diplomazia prova a disegnare un futuro accordo per il conflitto e per Gaza, le Israel defense forces continuano la loro missione all’interno della Striscia. Ieri, il portavoce delle Idf, il contrammiraglio Daniel Hagari, ha confermato che in un’operazione condotta dall’Unità 504 dell’intelligence e dalla Brigata 551 sono stati ritrovati i corpi di due ostaggi rapiti durante l’attacco di Hamas del 7 ottobre. Si tratta Aden Zakaria, di 27 anni, e del maresciallo delle Idf Ziv Dado, di 36 anni. Le battaglie continuano sia sul fronte più difficile – quello meridionale di Khan Younis – sia a nord della Striscia, con uno degli epicentri nella città di Jabalya. Insieme all’avanzata di terra, proseguono poi i bombardamenti aerei, con l’uso di jet, droni e di elicotteri. A bordo di uno di questi è salito anche il capo dell’Aeronautica israeliana, il generale Tomer Bar, che ha colpito alcuni obiettivi indicati dalle Idf. Mentre Israele si muove all’interno dell’exclave palestinese, a destare preoccupazione nella comunità internazionale resta la questione umanitaria.

Guerra a Gaza, oltre 18mila vittime. Nuovo attacco milizia Houthi

Le autorità di Gaza, legate ad Hamas, hanno corretto il numero morti nella Striscia a 18.400. Ieri lo Stato ebraico, attraverso il Coordinamento delle attività del governo nei Territori, ha confermato la riapertura del valico di Kerem Shalom per permettere l’arrivo di aiuti nella regione palestinese attraverso il valico di Rafah con l’Egitto. E continuano gli sforzi delle Nazioni Unite e dei vari Paesi coinvolti nel sostegno alla popolazione civile mentre si riconcorrono le voci di un possibile nuovo negoziato ad altissimo livello per un cessate il fuoco in cambio della liberazione di altri ostaggi. Non si placa infine la tensione sugli altri fronti. In Cisgiordania sono morti cinque palestinesi in un’operazione delle Idf a Jenin, mentre dal Libano sono di nuovo stati lanciati missili contro postazioni militari israeliane. Preoccupa sempre di più il fronte yemenita, dove la milizia Houthi, legata all’Iran, ha attaccato un’altra nave: la petroliera norvegese Strinda.