Il commento
I partiti restano divisi sulla politica estera: Conte a doppia sponda, Schlein pacifista neutralista, ma solo Calenda può criticare Giorgia

Pur essendo l’Italia popolata da buffoni e da saltimbanchi egualmente distribuiti fra il centrodestra e il centrosinistra, anche se alle strette, la politica, e specialmente la politica estera, diventano una cosa seria. Tale è la questione costituita dall’intreccio tra l’aggressione russa alla Ucraina, e i rapporti fra le grandi potenze e il ruolo dell’Europa in tutto questo. Per molti aspetti ci troviamo di fronte a una situazione paradossale. Qualora il blitz lanciato da Putin sull’Ucraina il 25 Febbraio 2022 fosse riuscito, come gli avevano predetto i suoi servizi segreti, il mondo occidentale si sarebbe trovato di fronte a una difficile scelta: o incassava il colpo, come era già avvenuto a suo tempo per la Crimea (ma ciò creava le condizioni per nuove iniziative dello stesso tipo), oppure andava incontro a uno scontro militare dagli esiti imprevedibili, anche rispetto all’ipotesi di diventare un autentico conflitto mondiale.
Le alternative
Paradossalmente, a evitare questi due esiti entrambi drammatici, fu la resistenza imprevista offerta dall’Ucraina guidata da Zelensky, grazie a cui il blitz è fallito, ma si è aperto questo lungo scontro militare, che si sta prolungando da ben 3 anni. Oggi, però, molti nodi stanno venendo al pettine, le cose non possono essere prolungate all’infinito e le alternative sul campo sono una più difficile dell’altra. O quella di una pace equilibrata, per entrambe le parti (e quindi per ciò che riguarda l’Ucraina sia la tenuta di larga parte del territorio, sia la garanzia politica-militare rispetto a nuove aggressioni russe sempre possibili). Oppure un prolungamento rispetto al quale o l’Ucraina trova il sostegno politico e militare di tutto l’Occidente e comunque a ogni costo da parte dell’Europa, o, in assenza di tutto ciò, la Russia vince militarmente passo dopo passo. Ma questa seconda ipotesi crea a sua volta le condizioni, non di una qualunque stabilità, ma di una successione di scontri nell’Europa del Nord che, alla fine, è destinata a finire molto male: il passaggio a una terza guerra mondiale a pezzettini.
L’iniziativa dei volenterosi
Per questo, l’iniziativa degli Stati “volenterosi”, che poi sono il cuore dell’Europa, cioè la Germania, la Francia, l’Inghilterra, la Polonia, riveste una grande importanza: non va sminuita né sottovalutata, perché senza di essa ci sarebbe un vuoto politico e militare che lascerebbe spazio all’aggressività russa. Certamente era molto meglio che Meloni partecipasse direttamente all’incontro, ma ha assunto una posizione intermedia che forse è stata utile a coinvolgere Trump a interpretare un ruolo non più di copertura nei confronti di Putin, ma di netto distacco da esso. Allo stato attuale non sappiamo cosa ci riserva il futuro.
Solo Calenda può criticare Giorgia
Passando da cose molto serie, a cose francamente meno serie, l’unica personalità dell’opposizione che può criticare Meloni per la sua mancata presenza è Carlo Calenda di Azione. Certamente non possono avanzar critiche né Schlein, né tanto meno Conte, Fratoianni, Bonelli, contrari sia all’invio di armi all’Ucraina, sia all’aumento della difesa delle singole nazioni europee in vista della costruzione di un esercito comune.
Le posizioni
Sappiamo anche che tra queste forze esistono delle differenze. Conte è in prima linea su una posizione che quasi sempre fa da sponda sia a Putin che a Xi Jjnping, mentre Schlein, per parte sua, è una pacifista neutralista integrale. Allo stesso tempo, la leader del Pd è disposta a tutto pur di realizzare con Conte il cosiddetto campo largo, anche a costo di essere del tutto inesistente in politica estera che, visti i tempi che corrono, priva di qualunque credibilità questa singolare opposizione. Rispetto a essa, la maggioranza versa in condizioni migliori vista la linea tenuta da Meloni e Tajani, ma certamente anche lo stato di salute del governo in materia estera non è tanto brillante, visto che il vicepresidente Salvini nei giorni dispari è filo putinista, nei giorni pari fa il trumpiano.
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